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Sumatra 2004
Venti anni dopo lo tsunami nell'Oceano Indiano del 26 dicembre 2004
Sono le 7:58 del mattino (00:58 UTC) del 26 dicembre 2004 quando, nella regione di Banda Aceh, in Indonesia, la terra trema: è l’inizio di una delle maggiori calamità naturali degli ultimi 100 anni. La scossa è fortissima, provoca il crollo di numerosi edifici e sembra interminabile. Ma il peggio arriva 20 minuti più tardi quando uno tsunami di enormi proporzioni si abbatte inizialmente sulle coste dell’Indonesia settentrionale, con onde alte fino a 30 metri e successivamente in tutto l'Oceano Indiano. Il bilancio finale è drammatico: oltre 250 mila tra vittime e dispersi in molti Paesi asiatici e perfino sulle coste africane. Persero la vita anche centinaia di europei e americani in vacanza nelle località turistiche.
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Il terremoto
L'Indonesia è una delle zone del mondo dove si verificano più spesso terremoti ed eruzioni vulcaniche devastanti. L'immenso arcipelago indonesiano è particolarmente esposto agli tsunami per la sua posizione lungo il margine della placca indiana e della microplacca birmana, che si muovono a una velocità relativa di circa 60 mm/anno. A causa di questo processo di sottoscorrimento della placca indiana, chiamato “subduzione”, l'Indonesia è anche tra le più importanti zone vulcaniche del mondo, con oltre 100 vulcani attivi.
Il devastante terremoto di Mw 9.2 si è verificato come risultato dell’interazione tra la placca indiana e la microplacca birmana chiamata BURMA (la placca indiana si muove verso nord e scorre sotto la microplacca birmana). Il confine tra queste due placche è segnato da una fossa che prende il nome di "Sunda trench". Durante il terremoto del 26 dicembre 2004 una parte significativa della faglia che separa le due placche si è spostata per una lunghezza di oltre 1000 chilometri.
La magnitudo stimata Mw 9.2 colloca il terremoto di Sumatra del 26 dicembre 2004 al terzo posto tra i più grandi mai registrati in epoca strumentale (dall’inizio del ‘900), dopo il Mw 9.5 del Cile (1960) e il Mw 9.2 dell’Alaska (1964). Nelle settimane successive all’evento, gli studi rivelarono le caratteristiche eccezionali di questo terremoto: mai prima di allora gli strumenti avevano registrato la rottura di una faglia lunga più di 1000 km (lunghezza paragonabile alle dimensioni dell’intera penisola italiana). E per di più in una zona che, per le sue caratteristiche tettoniche, non era ritenuta fino ad allora in grado di dare luogo a terremoti di queste dimensioni. I dati mostrarono che la rottura di questa gigantesca faglia aveva prodotto uno spostamento orizzontale permanente dell’Indonesia settentrionale rispetto alla placca indiana di alcuni metri in direzione sud-ovest. Questi dati, assieme ai sismogrammi e ai mareogrammi registrati dalle reti mondiali, hanno permesso di determinare la distribuzione dello spostamento lungo gli oltre 1000 km della faglia: in particolare si stima che il movimento delle due placche abbia raggiunto i 30 metri in due aree grandi quanto la Toscana.
The Boxing Day Tsunami
Mentre erano in pieno svolgimento le feste natalizie e negli Stati Uniti si celebrava il Boxing Day (in Italia corrisponde al giorno di Santo Stefano) con tanti turisti europei che affollavano le località di villeggiatura, a soli 20 minuti dalla scossa, uno tsunami catastrofico interessò le coste dell’Indonesia, e nelle ore successive, quelle dell'intero Oceano Indiano causando vittime e danni anche a migliaia di chilometri di distanza dall'epicentro.
26 dicembre 2004, ore 7:58 (ora locale) Le onde di tsunami si propagano rapidamente per tutto l’Oceano Indiano: inizialmente, le acque si ritirano rapidamente lungo la costa settentrionale di Sumatra, ma questo segno di avvertimento non viene riconosciuto dalle popolazioni locali.
Ore 8:13 Il Pacific Tsunami Warning Center (PTWC) di Honolulu, Hawaii, registra il terremoto e identifica il potenziale rischio di tsunami. Tuttavia, poiché non esisteva un sistema di allerta specifico per l'Oceano Indiano, non vengono inviate comunicazioni o avvisi formali ai paesi costieri della regione. La mancanza di una rete di allerta tempestiva si rivelerà una delle cause principali del numero drammaticamente elevato di vittime.
Ore 8:17-8:27 Le prime onde dello tsunami, alte oltre 30 metri, raggiungono la costa di Banda Aceh, sull'isola di Sumatra. L'impatto è devastante: intere città e villaggi vengono sommersi e distrutti in pochi minuti. Le infrastrutture vengono spazzate via, e decine di migliaia di persone vengono travolte dalle onde che si infrangono con una forza immensa. Molte vittime sono colte di sorpresa e non riescono a sfuggire alla velocità e alla forza travolgente delle onde.
Ore 9:28 Un'ora dopo, il sud della Thailandia viene investito dallo tsunami. Località turistiche come Phuket, Krabi e Khao Lak, famose per le loro spiagge, sono colpite con forza. Il maremoto colpisce duramente anche l'estremo sud della Birmania (Myanmar) e le immagini delle coste distrutte fanno rapidamente il giro del mondo, mostrando il livello di devastazione causato dal disastro.
Ore 9:58 L’energia trasportata dallo tsunami colpisce le coste dello Sri Lanka. In particolare, le coste nord-orientali e meridionali dell'isola sono completamente travolte dalle onde, che distruggono villaggi e comunità costiere. Poco dopo, le onde colpiscono anche la costa orientale dell'India, partendo dalla città di Chennai nel Tamil Nadu. Le onde anomale penetrano nell'entroterra per diversi chilometri, distruggendo infrastrutture e trascinando con sé migliaia di persone.
Ore 13:00 Lo tsunami raggiunge l'arcipelago delle Maldive. L'onda anomala travolge la capitale Malé, inondando due terzi della città. La maggior parte dei 1.192 isolotti delle Maldive viene parzialmente sommersa, e molte strutture turistiche subiscono ingenti danni.
Ore 16:00 Le onde dello tsunami continuano la loro corsa attraversando l'Oceano Indiano, raggiungendo le coste orientali dell'Africa a oltre 5.000 chilometri di distanza. La Somalia è la più colpita, dove oltre 300 persone perdono la vita. Anche in Tanzania e in Kenya si registrano vittime e danni alle infrastrutture costiere. Dopo 16 ore le onde di tsunami raggiungono persino Struisbaai, in Sudafrica.
Ore 18:00 Le variazioni anomale del livello del mare raggiungono anche l’isola Mauritius, nella porzione meridionale dell'Oceano Indiano. Sebbene l'isola non subisca gravi danni e non si registrino vittime, l'impatto delle onde viene comunque percepito attraverso danni materiali lungo le coste. L’onda anomala arriva persino in Antartide, dove i mareografi registrano per molti giorni oscillazioni consecutive fino a un metro di altezza.
Ieri e oggi
Le immagini dal satellite e le misure effettuate sul posto mostrano che nella provincia indonesiana di Banda Aceh, maggiormente colpita dallo tsunami, l’inondazione raggiunse una quota topografica (runup - quota massima raggiunta dall’acqua durante un maremoto rispetto al livello del mare) di circa 35 metri, penetrando nell’entroterra per più di 4 chilometri. Lungo le coste della Thailandia, a est della faglia, il mare si ritirò per circa 20 minuti lasciando a secco alcune centinaia di metri di spiaggia, per poi tornare indietro e inondare la costa con altezze di runup fino a 18 metri.
A sinistra, alcuni dei danni provocati dalle onde di tsunami in Thailandia (fonte UKRI - https://www.ukri.org/); a destra, alcune reti da pesca appese agli alberi (fonte: Joseph Trainor, University of Delaware, Disaster Relief Center)
In queste immagini tratte dalla stoy maps "Boxing Day 2004 tsunami: then and now" realizzata da ESRI UK, è possibile visualizzare alcune immagini satellitari che mostrano la riqualificazione dopo 10 anni (nel dicembre 2014) di alcune delle aree più colpite dal maremoto del 26 dicembre 2004 come Lhoknga e Banda Aceh.
Nell'immagine a sinistra viene mostrato l'impatto devastante dello tsunami immediatamente dopo l'arrivo dell'onda: se si trascina lo strumento di scorrimento verso destra viene visualizzata la riqualificazione dell'area nel dicembre 2014.
Nessuna allerta
Il devastante tsunami del 26 dicembre 2004 ha rappresentato uno dei più grandi disastri dell’era moderna. Ha avuto conseguenze significative non solo per le regioni direttamente colpite, ma anche per la gestione globale delle crisi e la preparazione ai disastri. Lo tsunami ha innescato una serie di cambiamenti cruciali nella gestione delle emergenze, mettendo in luce la necessità di un coordinamento efficace delle operazioni di soccorso.
Con un sistema di allerta tsunami, come quello che era già attivo nell'Oceano Pacifico (PTWS), si sarebbe potuta salvare la vita a gran parte delle migliaia di persone morte per gli effetti dello tsunami nell’Oceano Indiano. I Paesi colpiti dallo tsunami, tra cui India, Thailandia, Indonesia, e Sri Lanka, non possedevano un sistema in grado di avvisare la popolazione dell’arrivo delle onde distruttive e indurla a spostarsi verso l'interno.
Lo tsunami del 2004 ha accelerato lo sviluppo e il rafforzamento dei sistemi di allerta precoce in diverse regioni, inclusi l’Oceano Indiano, il Mediterraneo e i Caraibi, fino alla creazione del North Eastern Atlantic, Mediterranean and connected seas Tsunami Warning and MItigation System (NEAMTWS) e del Centro di Allerta Tsunami dell’INGV!
2005 Una nuova attenzione globale
La Conferenza mondiale sulla riduzione del rischio di catastrofi, tenutasi a Kobe, in Giappone, e la riunione ministeriale sulla cooperazione regionale sugli accordi di allerta precoce per gli tsunami, tenutasi a Phuket, in Thailandia, hanno attirato una crescente attenzione internazionale dopo lo tsunami dell'Oceano Indiano del 2004.
2005 Un mandato per la sicurezza globale in caso di tsunami
Come risposta allo tsunami dell'Oceano Indiano, l'UNESCO-IOC riceve il mandato dalla comunità internazionale di stabilire sistemi regionali di allerta precoce per gli tsunami. Durante la 23a sessione dell'Assemblea generale dell'UNESCO-IOC vengono creati: - Il Gruppo di coordinamento intergovernativo per il sistema di allerta per gli tsunami e altri pericoli costieri per i Caraibi e le regioni adiacenti (ICG/CARIBE-EWS); - Il Gruppo di coordinamento intergovernativo per il sistema di allerta e mitigazione degli tsunami nell'Oceano Indiano (ICG/IOTWMS); - Il Gruppo di coordinamento intergovernativo per il sistema di allerta precoce e mitigazione degli tsunami nell'Atlantico nord-orientale, nel Mediterraneo e nei mari collegati (ICG/NEAMTWS).
La mappa illustra l'area di copertura per ognuno dei quattro gruppi di Coordinamento Intergovernativi (ICG) per i sistemi di allerta tsunami (CARIBE-EWS, IOTWS, NEAMTWS, PTWS) ed anche le Aree di operatività degli Tsunami Service Providers (aggiornamento 2016).
2013 Il Centro Allerta Tsunami dell'INGV (CAT)
L’Italia, sin dall’inizio, ha partecipato attivamente al NEAMTWS. Nel 2013, il Centro di Allerta Tsunami (CAT) dell’INGV è stato istituito per monitorare e gestire il rischio tsunami. Il CAT è stato riconosciuto come “tsunami service provider” dall’UNESCO nel 2016, dopo aver dimostrato la propria capacità di monitorare i terremoti (che causano circa l’80% degli tsunami), seguirne la loro evoluzione e comunicare le allerte al Dipartimento di Protezione Civile in modo tempestivo, seguendo standard condivisi a livello internazionale.
2015 Il programma Tsunami Ready
Le linee guida per il riconoscimento del Programma Tsunami Ready vengono approvate dall'Assemblea generale UNESCO-CIO.
2017 Sistema di Allertamento nazionale per i Maremoti (SiAM)
Dal 1° gennaio 2017 il CAT-INGV è diventato pienamente operativo, come previsto dalla convenzione con il Dipartimento Nazionale della Protezione Civile (DPC). Il 17 Febbraio dello stesso anno, il CAT è stato formalmente designato – tramite una direttiva del Presidente del Consiglio - come componente del SiAM – Sistema di Allertamento nazionale per i Maremoti generati da terremoti nel Mar Mediterraneo, coordinato dal Dipartimento della Protezione Civile nazionale (DPC) e composto dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA). L’ISPRA svolge un ruolo fondamentale poiché gestisce le reti di monitoraggio meteo-marino tra cui la Rete Mareografica Nazionale (RMN), assai importante anche per il monitoraggio in tempo reale degli tsunami che possono colpire alcuni tratti, talvolta molto estesi, delle nostre coste.
2020 L’evoluzione delle stazioni di monitoraggio per gli tsunami in Italia
La Rete Mareografica Nazionale è attualmente composta da 36 stazioni di misura (mareografi), distribuite in modo uniforme sulle coste del territorio nazionale e nelle isole minori (Lampedusa, Ginostra, Elba, Tremiti). Queste stazioni sono collocate prevalentemente all’interno dei porti ed effettuano un monitoraggio accurato e continuo di alcuni parametri meteo (vento e pressione atmosferica) e delle oscillazioni del livello del mare dovute sia al ciclo delle maree astronomiche sia a cause di altra natura (tipo onde di tempesta oppure eventi geofisici come terremoti, eruzioni vulcaniche e frane sottomarine).
2024 Primo comune Italiano Tsunami Ready
L’Italia, con il comune di Minturno (LT) è stato il primo paese dell’area Euro Mediterranea (NEAMTWS) ad adottare il programma che favorisce la sinergia tra le parti chiamate in causa a partire dalla sfera Istituzionale agli organi di competenza territoriali per la gestione e salvaguardia del territorio, alla Protezione Civile (a vari livelli) sino al coinvolgimento degli operatori locali (proprietari di strutture turistiche e di servizi costieri) e degli stakeholders.
Dieci storie
Lo tsunami di Sumatra del 2004 è stato un evento catastrofico che ha colpito un’area vastissima coinvolgendo numerosi territori e un numero impressionante di persone anche a migliaia di chilometri di distanza. Ognuno dei sopravvissuti ha una sua storia da raccontare. Alcune di queste sono state selezionate per essere narrate attraverso le testimonianze dirette e con il supporto di immagini e video. Sono esperienze che possono insegnare qualcosa a tutti noi.
“Tutti i testimoni di un disastro vogliono dimenticare perché è doloroso. Ma hanno bisogno di ricordare, per mitigare i rischi futuri”
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Canzone dello Smong
Mentre lo tsunami si avvicinava all’isola di Simeulue, collocata a 60 km dall'epicentro del terremoto (Simeulue si trova nel distretto di Aceh nell'arcipelago Mentawai a nord-ovest di Sumatra), risuonavano, dalla costa alle colline, le parole “Smong! Smong!” termine che nella lingua indigena significa tsunami o caos (può essere utilizzata in entrambe le accezioni, è una parola che la comunità di Simeulue utilizza solo in caso di evento che possa ledere la comunità stessa). Appena la sentirono anche la maggior parte degli abitanti dell’isola di Nias iniziò a dirigersi verso le montagne gridando “Smong! Smong!” per diffondere la notizia. Gli abitanti dell'isola di Simeulue, fin da bambini, imparano una canzone tradizionale chiamata "Smong". Questa canzone, tramandata di generazione in generazione dopo lo tsunami del 1907, insegna che: "Quando c'è un forte terremoto e l’oceano si ritira, non andate sulla costa a raccogliere il pesce, perché arriverà uno tsunami. Quando l’oceano si ritira, scappate a salvarvi sulle montagne. Prendete bambini, genitori e donne e scappate via dalla spiaggia. Gridate, Smong, Smong”. Il testo della canzone descrive chiaramente i comportamenti da mettere in pratica in caso si avvertano i segnali precursori di uno tsunami. Il canto fu tramandato di padre in figlio ed entrò a far parte del costume popolare. Su quell'isola soltanto 7 persone su 78.000 abitanti persero la vita, circa un settimo in proporzione al totale della popolazione, e un numero davvero esiguo anche rispetto alla moltitudine di perdite umane avvenuta nelle altre aree indonesiane.
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Mary Yuranda
La storia di Mary Yuranda, una ragazzina sopravvissuta allo tsunami del 26 dicembre 2004 in Indonesia, è un racconto di speranza e di ricongiungimento familiare. La piccola Mary, detta Wati, aveva sette anni quando la violenza dell’acqua invase le strade di Meulaboh, nella provincia di Aceh, sull’isola di Sumatra, la più colpita dallo tsunami. La bimba stava passeggiando con la madre Yusnidar e una sorella più grande, e furono travolte dalla violenza del mare. Data per morta dopo l’imponente ondata, Mary è tornata a casa nel suo villaggio nel distretto di Aceh dopo sette anni, riconosciuta dal nonno Ibrahim grazie ad alcuni segni distintivi sul suo corpo. Durante la sua assenza, Mary aveva vissuto momenti difficili, costretta da una donna a chiedere l'elemosina, ma era riuscita a scappare e a tornare a casa, grazie all’aiuto di un tassista generoso. La sua famiglia, disperata dopo aver perso anche un'altra figlia, ha vissuto un emozionante riunione, rendendo il Natale 2011 un momento straordinario nel ricordo della calamità passata.
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Arif e Jannah
La famiglia Rangkuti ha vissuto un “doppio miracolo". Dieci anni dopo aver perso i loro figli nel devastante tsunami del 2004, Jamiliah e Septi hanno potuto finalmente riabbracciare i loro figli. Dopo varie ricerche iniziali, i genitori si erano arresi. Nel giugno 2014 tuttavia, grazie ad una passeggiata dello zio, venne notata la grandissima somiglianza di un ormai ragazza con quella di sua nipote. Chiedendo informazioni in giro, si scoprì che quella ragazza fosse proprio lei: Jannah. Sorprendentemente qualche mese dopo fu ritrovato anche Arif, grazie ad una telefonata che segnalava la sua presenza a Payakumbuh, dove era stato accolto da una coppia. Questo straordinario ricongiungimento familiare si è completato grazie alla determinazione e alla speranza mai venuta meno dei genitori.
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Martunis
Martunis aveva 8 anni il giorno dello tsunami del 26 dicembre 2004. Quella mattina stava giocando a calcio sulla spiaggia di Banda Aceh in Indonesia coi suoi amici. Quando arrivò l’onda si aggrappò ad un albero di mangrovie per salvarsi e sopravvisse su quell’albero per tre settimane mangiando confezioni di spaghetti istantanei e bevendo bottiglie d’acqua portate dalle onde. Quando fu ritrovato, indossava la maglia del calciatore Rui Costa. Grazie allo staff di Save the Children, Martunis si è ricongiunto a suo padre sopravvissuto, allevatore di pesci e gamberi, mentre sua madre e i suoi fratelli non furono mai più ritrovati. La sua storia ha fatto il giro del mondo, e quando i giocatori Rui Costa e Christiano Ronaldo visitarono l’Indonesia lo invitarono per 15 giorni in Portogallo. Nel 2015 lo Sporting di Lisbona decise di tesserarlo nella squadra giovanile per dargli una chance di diventare un calciatore professionista. Martunis dice “da quando ero piccolo mi piaceva giocare a calcio. Il calcio fa parte della mia vita e mi piace davvero giocarci. Un giorno spero di diventare un calciatore professionista”.
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Train #50 Matara Express
Tra i tragici eventi accaduti il 26 dicembre 2004, vi è il disastro del treno passeggeri No. 50, noto come il Matara Express, che è stato travolto dalle onde dello tsunami mentre viaggiava lungo la linea ferroviaria costiera. La forza delle onde ha distrutto il treno, causando la morte della maggior parte dei passeggeri a bordo. Il racconto del disastro viene così raccontato: “Alle 9.30, nel villaggio di Peraliya, vicino a Telwatta, si osservò sulla spiaggia la prima delle gigantesche onde generate dal terremoto. Il treno si fermò mentre l'acqua si sollevava attorno ad esso e suonò l’allarme per avvisare la popolazione dell'aumento del livello dell'acqua. Centinaia di persone del posto, credendo che il treno fosse sicuro sui binari, salirono sul tetto dei vagoni per evitare di essere travolte. Altri si rifugiarono dietro il treno, sperando di essere così protetti dalla forza dell'acqua. La prima ondata allagò le otto carrozze e causò il panico tra i passeggeri. Dieci minuti dopo un'onda enorme sollevò il treno e lo spinse contro gli alberi e le case che costeggiavano i binari, schiacciando coloro che avevano cercato riparo dietro di esso. I passeggeri in cima al treno furono travolti e la maggior parte di essi annegò o venne schiacciata dai detriti. La locomotiva n. 591 Manitoba fu trasportata per 100 metri (330 piedi), fermandosi in una palude”.
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Le mangrovie
Le foreste di mangrovie hanno contribuito a salvare molte vite umane durante il disastro dello tsunami di Sumatra nel 2004. Questo è quanto è emerso da uno studio condotto dalla World Conservation Union (IUCN) che ha confrontato il bilancio delle vittime di due villaggi dello Sri Lanka colpiti dalle devastanti onde di tsunami. Solo due persone sono morte nell'insediamento circondato da una fitta foresta di mangrovie e macchia, mentre fino a 6.000 persone sono morte nel villaggio senza una vegetazione simile. Molte foreste in passato erano state purtroppo abbattute per costruire gli allevamenti di gamberi e i villaggi turistici. La ricerca ha dimostrato che le mangrovie sono in grado di assorbire tra il 70 e il 90% dell'energia di un'onda normale. Non esistono, tuttavia, dati affidabili su come gli alberi mitighino l’impatto di uno tsunami. Molte persone che vivono nelle zone costiere ora vogliono vedere le loro comunità beneficiare dell’apparente protezione offerta dalle foreste di mangrovie.
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Tilly Smith
Molto significativa la storia di Tilly Smith, una bambina inglese di 9 anni, che nel 2004 era in villeggiatura a Phuket in Thailandia insieme alla sua famiglia. Aveva imparato a conoscere gli tsunami alla Danes Preparatory School di Oxshott, nel Surrey, durante la lezione di geografia, due settimane prima del disastro. Grazie a questi insegnamenti riuscì a mettere in salvo circa 100 persone sulla spiaggia di Mai Khao Beach, dopo aver visto il mare ritirarsi per centinaia di metri e ribollire. Fu così in grado di avvisare i genitori, le altre persone presenti sulla spiaggia e il personale dell'hotel dove alloggiava; il suo allarme venne fortunatamente ascoltato dai bagnanti che trovarono riparo ai piani alti delle strutture turistiche. La spiaggia di Mai Khao Beach fu così evacuata prima che lo tsunami raggiungesse la riva e fu l'unica spiaggia thailandese in cui non si registrarono vittime. Il 3 novembre del 2005 Tilly e la sua famiglia visitarono la sede centrale delle Nazioni Unite, incontrando l’ex-presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, inviato speciale dell’ONU per la ricostruzione. “La storia di Tilly dimostra quanto sia importante insegnare alle giovani generazioni tutto quanto concerne i disastri naturali”. Bill Clinton
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María Belón
Il 26 dicembre 2004 María Belón si stava godendo una vacanza paradisiaca a Khao Lak, in Thailandia, con il marito e i figli, in una giornata di sole, giochi e letture tranquille a bordo piscina. Quando gli uccelli iniziarono a volare via terrorizzati e si udì un forte boato, capì che c'era qualcosa che non andava. Un "mostro nero", alto come un palazzo, si alzò davanti ai suoi occhi, mentre turisti e lavoratori dell'hotel correvano e le palme cadevano dietro di loro. In quel momento certo non avrebbe potuto immaginare che sarebbero diventati la famiglia spagnola sopravvissuta al terribile tsunami di Sumatra-Andaman. La sua storia è stata immortalata nel pluripremiato film "The Impossible", diretto da J.A. Bayona. Nonostante le ferite fisiche e psicologiche che la sua famiglia ha affrontato nel tempo, María Belón parla di questa esperienza come un "dono" della vita: "C'è un momento in cui devi decidere se quel dolore complicato, situazioni che non hai mai vissuto, shock post-traumatico... C'è un momento, come un bivio nella tua vita, in cui dici: 'Cosa faccio? Rimango una vittima? Mi vittimizzo per il resto della mia vita? O scelgo l'altra strada?'". Non ci sono mezze vie. E quest’altra strada è quella di dire: "Cosa faccio per imparare ciò che la vita vuole insegnarmi?”.
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Roberto Vettori
Roberto Vettori agente immobiliare pesarese scampato allo tsunami che il 26 dicembre del 2004 travolse l’Indonesia. Era in Thailandia con la compagna per festeggiare il Natale. Erano alloggiati nell’Isola di Phuket, a Patong, proprio a ridosso del mare. «La vacanza era di quelle da sogno che… stava diventando …un incubo» si ferma e sorride «no, non quello dello tsunami (non ancora) ma di una doccia non funzionante che ci salvò la vita». «Dopo due giorni di disagio per la rottura della doccia che sembrava un danno irreparabile, decidemmo di cambiare hotel. Armi e bagagli dopo colazione, alle 8 circa, svegliati da una scossa sismica (non ci feci caso più di un tanto, accade spesso in quei paesi), ci spostammo di pochi metri per cercare un altro albergo, impresa non facile nel periodo natalizio. Mentre contrattavamo il tragitto con il taxista di tuk tuk (un pittoresco taxi a tre ruote utilizzato prevalentemente nel sud-est Asiatico), notai il mare forza olio con alle spalle un’enorme muraglia bianca che lo sovrastava. Oddio, quello era un maremoto! Conoscendo i posti, anche grazie alle escursioni dei giorni prima, dissi al taxista di imboccare la prima strada a sinistra verso la collina. Nel frattempo, seppi poi, l’onda che viaggiava a 400 km orari, alle 10 avrebbe travolto l’isola. E così avvenne purtroppo». «Rifugiati a 300 metri sul livello del mare nella fattoria di un raccoglitore di caucciù dove, poco più tardi, arrivarono decine di feriti".
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Elena Rivautella
La mattina del 26 dicembre 2004 Elena Rivautella si trovava in vacanza a Phi Phi Island, in Thailandia. Uscì per acquistare un po’ di frutta, ignara che un'onda alta trenta metri si stava dirigendo verso l'isoletta tailandese. “Ho visto la gente scappare inorridita. Mi sono girata e ho visto un’onda gigantesca venire verso di me a una velocità altissima. Mi ci sono buttata dentro ed è stato come ritrovarsi nella centrifuga di una lavatrice [...]". Si salvò aggrappandosi al tetto di una casa e, dopo due giorni, riuscì a telefonare alla mamma facendole sapere che era ancora viva. I giornali l'avevano data per dispersa e si temeva che fosse morta. Grazie alla pittura Elena, che ha abbandonato la professione forense per abbracciare a tempo pieno quella di pittrice, è riuscita a superare il trauma dello tsunami vissuto in prima persona.