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Logistica e strategia: la "campagna d'Italia" di Amazon in una mappa

Non esiste un elenco ufficiale delle sedi Amazon in Italia. La mappa che segue rappresenta il primo tentativo di fornire una descrizione esauriente della presenza del colosso americano in Italia, incluse vecchie sedi dismesse e magazzini in fase di costruzione o di cui semplicemente si annuncia l’apertura. È un lavoro che, vista la frammentarietà delle fonti a cui abbiamo attinto conterrà imprecisioni, inesattezze e lacune ed è quindi destinato a una revisione permanente (correzioni e integrazioni sono benvenute), ma raccoglie, utilizzando lo strumento della mappa, una mole di informazioni altrimenti destinate a restare sparse disordinatamente sul web.

La mappa: dove si trovano i magazzini

Nelle schede relative a ciascuna sede abbiamo inserito la data di apertura (avvenuta o prevista), il nome del comune ed eventualmente della località in cui sorge (ad es. Fara Sabina, Passo Corese); il tipo di impianto (fulfillment center, sortation center, delivery station, sono indicati rispettivamente in rosso, verde brillante, blu e verde scuro, i magazzini Prime Now in rosa shocking, infine, in grigio, le sedi - uffici, centri di sviluppo, customer service - che non fanno parte della rete logistica in senso stretto); la sigla identificativa dei magazzini (D+sigla regione+numero progressivo per le Delivery Station, sigla dell’aeroporto internazionale più vicino+numero progressivo per fulfillment e sortation center); la distanza dai più vicini snodi logistici: principali arterie stradali e autostradali e, per i grandi hub, anche aeroporti, porti e terminal merci ferroviari e intermodali; due indicatori socio-economici: reddito imponibile medio 2017 ( elaborazioneTWIG su dati MEF ) e tasso di occupazione 2018 ( Sole24Ore su dati MEF e ISTAT ) del comune; il numero di addetti a tempo indeterminato più quello dei driver (salvo i rari casi in cui siamo riusciti a trovare dati più attendibili e aggiornati da altre fonti ci siamo basati sui comunicati aziendali, che di norma indicano, sovrastimandolo, il numero previsto di assunti a tempo indeterminato entro tre anni, mentre è praticamente impossibile avere dati certi sul numero di contratti a tempo per il continuo turnover e le oscillazioni a seconda dei carichi di lavoro); infine la metratura dei magazzini. Dove manca qualche dato significa che non siamo stati in grado di reperirlo. In alcuni casi abbiamo inserito link ad articoli che contengono informazioni supplementari. Se le ragioni per cui abbiamo indicato le distanze tra Amazon e i principali snodi logistici sono evidenti, abbiamo inserito gli indicatori socioeconomici a supporto della tesi secondo cui “Amazon localizza i suoi centri di distribuzione in regioni strutturalmente deboli, con tassi di disoccupazione elevati” ( Cattero-D’Onofrio, 2018 , ma si tratta di una tesi condivisa anche da altri studiosi e che non riguarda solo l’Italia).

In rosso i centri di distribuzione (Fulfillment center), in verde brillante i centri di smistamento (Sortation Center), in azzurro le stazioni di consegna (Delivery station), in rosa shocking i magazzini Prime Now e in grigio gli insediamenti che non fanno parte della rete logistica in senso stretto (uffici, centri di sviluppo, customer service ecc.). Per quanto riguarda i criteri di compilazione delle schede di ogni magazzino si leggano le indicazioni sopra la mappa.

Tuttavia pare che la scelta dei luoghi dove piazzare i nodi della rete distributiva sia legata in primo luogo a considerazioni di carattere logistico: un'analoga mappatura realizzata negli USA ( Mapping Amazon ) indica che i criteri prioritari di Amazon nella scelta delle location per i propri magazzini, soprattutto i più grandi, sono la vicinanza alle zone con una maggiore concentrazione di clienti Prime (di solito le grandi aree urbane e le contee più ricche), alle grandi infrastrutture stradali e ai terminal merci aeroportuali, insomma aree periferiche, spesso le zone industriali, di città e metropoli.

D'altra parte è vero che questa scelta, pur legata a questioni di natura logistica, fa sì che i centri di distribuzione e di smistamento di Amazon finiscano per essere dislocati in zone abitate dalle fasce sociali a basso reddito e quindi più "affamate" di lavoro, fattore di cui Amazon sembra essere ben consapevole e a cui si somma la capacità del brand di attirare forza-lavoro dai comuni (o addirittura dalle regioni) adiacenti a quelli in cui sorgono i suoi hub.

Prendiamo il centro di distribuzione di Passo Corese, uno dei più grandi in Italia. Passo Corese si trova ai margini occidentali del comune di Fara Sabina, ai confini tra la provincia di Rieti e quella di Roma, a meno di 10 chilometri dal casello autostradale di Roma nord. In termini di reddito, col suo imponibile medio di 17.177 euro annui, pari a 1.321 euro al mese per 13 mensilità lordi (per la precisione l'imponibile è il lordo meno gli oneri deducibili), Fara Sabina si colloca fuori dalla fascia di comuni della cintura romana, caratterizzati da un imponibile pro capite tra i 18.000 e i 21.000 euro (nella Capitale il reddito medio è di 24.830 euro). Inoltre a pochi chilometri, nella provincia di Rieti, si trovano almeno una decina di comuni dove l'imponibile medio è compreso ta i 14.000 e i 15.000 euro e, procedendo in direzione dell'Abruzzo, si scende anche sotto i 13.000 e si incontrano anche comuni come Accumoli e Amatrice, le cui economie sono state devastate dai sismi del 2016 e del 2017 (e dove il reddito rispetto ai nostri dati, che risalgono al 2017, probabilmente è ulteriormente sceso). Analogamente, per quanto riguarda il tasso di occupazione, esplorando i dintorni passiamo dal quasi 60% di Fara Sabina a comuni laziali in cui il dato scende anche al di sotto del 45%. Stesso discorso per quanto riguarda i comuni dell'Abruzzo settentrionale, nella fascia tra l'Aquila e il teramano.

La classificazione dei magazzini

Per conoscere la rete di Amazon è utile conoscere le diverse tipologie di magazzini, classificati in base alla loro funzione e con caratteristiche diverse (collocazione, numero di dipendenti, superficie). L'elenco che segue riprende la classificazione che la stessa Amazon fa dei propri impianti. Nella nostra mappa per ragioni di semplicità al momento non abbiamo fatto distinzione tra centri di distribuzione "sortable" e "non sortable". Alcune delle tipologie di magazzino che compaiono nell'elenco successivo, ad es. gli specialties, in Italia al momento non sono presenti.

Sortable fulfillment center: centri di distribuzione per articoli di piccole dimensioni come libri, giocattoli e articoli per la casa. La superficie si aggira sui 70.000-80.000 mq, possono impiegare più di 1.500 dipendenti (a cui vanno aggiunti i lavoratori a tempo determinato, di solito assunti tramite agenzie interinali, utilizzati per coprire i picchi di lavoro), il cui compito è ricevere la merce dai fornitori e sistemarla sugli scaffali (inbound) ed evadere gli ordini andando a recuperare gli articoli stoccati guidati da uno scanner digitale in cui è memorizzata la posizione di ogni articolo (picking), confezionare i pacchi anonimi (packing) e posizionarli sui nastri dove una macchina applica l'etichetta coi dati dei clienti e li conduce nella zona dove verranno imbarcati sui mezzi per la consegna (shipping). I centri di distribuzione sono indicati da una sigla formata dal codice IATA dell'aeroporto internazionale più vicino seguito da un numero (ad es. FCO1, MXP3).

Non-sortable fulfillment center: centri di distribuzione per articoli di dimensioni maggiori come articoli da giardino o per esterni e tappeti. La superficie va dai 50.000 ai 100.000 mq e di solito impiegano oltre 1.000 dipendenti. Organizzazione del lavoro e sigle sono le stesse dei centri di distribuzione "sortable".

Sortation center: centri di smistamento. Sono stati introdotti da Amazon nel 2014. Di dimensioni più piccole dei centri di distribuzione (non oltre i 30.000 mq) e con poche centinaia di dipendenti, vengono utilizzati per smistare i pacchi dividendoli in base alla destinazione finale e caricandoli sui mezzi. A differenza dei centri di distribuzione quindi non prevedono la presenza di merci sciolte ma soltanto di pacchi già confezionati. La sigla è composta come per i centri di distribuzione.

Delivery station: stazioni di consegna. Sono centri più piccoli che rappresentano l'appendice finale del sistema di distribuzione di Amazon, l' "ultimo miglio". Qui i pacchi ricevuti dai magazzini più grandi vengono affidati ai driver, di norma dipendenti di ditte esterne, per la consegna. Sono più piccoli e con poche decine di dipendenti e la sigla è "D" seguita da un codice identificativo della regione e da un numero progressivo (ad es. DER3 è il centro di simistamento di Parma, mentre DLO7 è quello di Mezzate).

Receive center: sono i magazzini in cui Amazon stocca gli articoli più richiesti, per disporre di scorte ed evitare ritardi nell'evasione degli ordini. In Italia per ora non ci risulta che ne esistano.

Specialty: qui sono stoccati articoli con caratteristiche stagionali (ad es. l'estate o le vacanze natalizia) e che lavorano in particolare nei momenti di picco. Il personale perlopiù è assunto part-time. Anche questa tipologia di sedi al momento non ci risulta essere presente nel nostro paese.

Prime Now: in Italia sono due centri (Milano Affori e Roma Portonaccio), che si occupano della consegna a domicilio della spessa effettuata ordinando la merce ai supermercati Amazon, UNES e Pam Panorama.

Le sedi non ricomprese nelle tipologie citate sono l'Head Office LIN11 di Milano, il servizio clienti di Cagliari, due centri di sviluppo (uno a Torino, dedicato al riconoscimento vocale utilizzati da Alexa, e uno ad Asti, dedicato ad Amazon Web Services). Inoltre sono presenti alcuni Data Center, archivi digitali di AWS, che non abbiamo riportato nella mappa, così come non abbiamo indicato la prima sede dell'Head Office nel vecchio Palazzo delle Poste di Via Ferrante Aporti a Milano. In quattro città - Milano, Torino, Roma e da fine ottobre 2021 Bologna e comuni limitrofi - Amazon è presente anche col servizio Fresh, che consente ai clienti Prime di ordinare e ricevere in giornata una selezione di prodotti freschi come carne, pesce, frutta e verdura.

Per capire meglio il funzionamento dei magazzini e l'organizzazione del lavoro consigliamo di guardare il video tratto dal sito web del Corriere pubblicato qui sotto, ma soprattutto di partecipare a uno dei tour virtuali in diretta negli stabilimenti Amazon: basta andare sulla pagina  https://it.amazonfctours.com/virtualtours  e prenotarsi. Le visite, che prima della pandemia venivano svolte in presenza, durano circa un'ora.

Questo video del Corriere dà un'immagine abbastanza esauriente dell'organizzazione del lavoro in Amazon. Le immagini arrivano da Castel San Giovanni (PC), dove operano un centro di distribuzione (MXP5) e uno di smistamento (MXP8) integrati. Prima e seconda parte del video esemplificano il ciclo completo.

Perché mappare Amazon?

Perché compilare una mappa di Amazon in Italia? Perché studiare la rete di Amazon ci consente di comprenderne la strategia di espansione e i punti di forza - efficienza e rapidità di consegna - e allo stesso tempo vulnerabilità e capacità di resilienza a eventuali “perturbazioni” (disruption direbbero gli americani) della sua rete. Usiamo il termine strategia non a caso:

Come ha mostrato una fiorente letteratura negli ultimi anni, la logistica ha un’origine militare, sorta nel momento in cui divenne necessario rifornire gli eserciti sui campi di battaglia. Da questa genesi il termine è stato traslato nel lessico capitalista, e oggi con esso si intende il coordinamento tra le catene globali del valore (…) Per prevalere, i sistemi logistici devono superare tutte le possibili interruzioni che si frappongono tra l’estrazione del valore nel momento della produzione e la realizzazione di plusvalore nel momento dello scambio. (…) La logistica è, secondo le parole di Jasper Bernes, “capitalism’s art of war”. (Nick Dyer Witheford, Jaime Brenes, Michelle Liu, Logistica delle rivolte, in Into the Black Box (a cura di), Capitalismo 4.0. Genealogia della rivoluzione digitale, 2021).

Tra le "possibili interruzioni" ci sono difficoltà legate ai rapporti col territorio, ad esempio le resistenze che il semplice annuncio dell'apertura di nuovi hub suscita in alcune regioni da parte di enti locali, organizzazioni di categoria dei commercianti e ambientalisti, ma anche iniziative dei lavoratori, come lo sciopero del 22 marzo 2021, il primo dell'intera filiera, che ha infranto un lungo periodo di pax sindacale. Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto l'esperienza nei paesi in cui ha un insediamento più antico indica che Amazon gode di una notevole resilienza alle tradizionali forme di mobilitazione:

In caso di sciopero Amazon non ha difficoltà a dirottare temporaneamente i flussi organizzativi di ordini e di spedizioni su altri siti, riducendo significativamente gli effetti delle astensioni dal lavoro a livello di singolo stabilimento o azzerandone addirittura ogni efficacia. Si tratta di una vera e propria “corazza digitale”, intangibile e difficile da perforare con le armi tradizionali. (Cattero-D’Onofrio, cit.)

Essendo così grande Amazon ha la forza di aggirare i problemi localizzati in singoli magazzini. E se tu ti organizzi magazzino per magazzino secondo me non hai una strategia in grado di agire sulla stessa scala su cui viaggia la catena di fornitura di Amazon ( Chairmane Chua: Una strategia sindacale per i lavoratori di Amazon , 2021).

In altre parole lo sviluppo della rete distributiva di Amazon può essere considerato come il frutto di una sequenza di mosse "offensive" per entrare nel mercato italiano dell'e-commerce e occuparvi un numero crescente di posizioni e di mosse "difensive" per prevenire eventuali attacchi su di esse o, in ogni caso, predisporre adeguate contromosse. E, trattandosi di un'azienda, logistica la formula occupazione del mercato non viene usata in senso meramente metaforico, ma implica un vero e proprio dispiegamento di depositi, linee di collegamento, uomini e mezzi sul terreno, di cui la mappa ci fornisce una rappresentazione bidimensionale che riproduce la situazione in tempo reale.

Ecco perché a nostro avviso si può parlare dell'espansione di Amazon nel nostro paese come una vera e propria "campagna d'Italia" e analizzarne fasi, obiettivi e direttrici strategiche. Un'opinione corroborata dalla constatazione che, aldilà di una diffusa tendenza della letteratura economica e sul marketing ad assimilare la competizione di mercato al fenomeno bellico, nel caso di Amazon c'è qualcosa di più e cioè che l'approccio di carattere strategico, nel senso etimologico del termine, appare radicato nella natura aziendale e assunto consapevolmente nella sua Weltanschaung.

L'esercito di Amazon

Nel 2013 Amazon Web Services è diventato il fornitore della CIA nel campo dei servizi cloud. Come ha osservato nel 2019 Sharon Weinberger sulla MIT Technology Review ( Meet America's newest military giant: Amazon , 9 ottobre 2019) ciò significa "fornire alla CIA il cuore dei suoi servizi informatici, mentre questa conduce raid in tutto il mondo coi suoi droni". AWS vende i propri servizi anche a Palantir, la società di data mining che ha progettato il sistema di gestione delle verifiche sui casi di immigrazione da parte dell'Immigration and Custom Service, l'agenzia federale che gestisce i flussi migratori verso gli USA, che lo ha utilizzato per una schedatura di massa custodita sui server di AWS. Inoltre il software per il riconoscimento facciale di Amazon Rekognition è utilizzato da diversi dipartimenti di polizia americani e nel 2018 Bezos ha acquisito anche Ring, un'azienda produttrice di videocitofoni che mette le immagini catturate dai propri apparati a disposizione delle agenzia di sicurezza USA e in tal modo sta creando quella che il Guardian ha definito " la più ampia rete di sorveglianza che gli USA abbiano mai visto ". Nel 2019 Amazon ha annunciato la costruzione del suo secondo quartier generale (dopo quello di Seattle) a meno di un miglio dalla sede del Pentagono e ha impugnato l'aggiudicazione (secondo i legali di Bezos su pressione di Trump) di un appalto miliardario per i servizi cloud per la difesa USA (JEDI) a Microsoft e ora è in pole position per strapparglielo. Significa che dati e app dovranno migrare sui cloud aziendali del gruppo di Seattle. Secondo la Weinberger non si tratta semplicemente della fornitura di servizi "strumentali", ma di un vero e proprio "mutamento della natura di Amazon" e del suo ruolo nel campo della politica e della sicurezza nazionale: "L'azienda ha speso gli ultimi 10 anni lavorando con cura per aprirsi una via d'accesso ai centri nevralgici di Washington e ora sta per diventare uno dei principali fornitori della Difesa americana". Insomma per il governo americano starebbe diventando una sorta di "IBM del XXI secolo".

Tuttavia questo presunto "cambio di natura" in realtà conferma un approccio già evidente nell'organizzazione del lavoro all'interno dei magazzini Amazon. Angelo Mastrandrea (L’ultimo miglio. Viaggio nel mondo dell'e-commerce e della logistica in Italia tra Amazon, rider, portacontainer, magazzinieri e criminalità organizzata, 2021) parla di modello “militar-aziendale” basato su “ordine, disciplina e controllo”, tesi di cui trova conferma anche in  un annuncio pubblicato sul sito del gruppo 

L'inserzione con cui Amazon cerca militari ed ex militari

ma anche, negli USA, nella creazione delle “milizie aziendali denominate Amazon Warriors, reclutate tra le file dell’esercito a stelle e strisce”. Negli USA, infatti, Bezos prima di lasciare la carica di ad ha lanciato un programma per il reclutamento di 25.000 "guerrieri", creando un team dedicato al reclutamento dei militari e dei loro coniugi e siglando un accordo col Dipartimento della Difesa per selezionare militari a cui mancano meno di 18 mesi al congedo per formarli e prepararli ad assumere un ruolo in azienda.

Nelle moderne caserme della logistica, però, la disciplina, più che sull'autorità degli ufficiali, si fonda sulla fidelizzazione dei dipendenti e su un potere dissimulato sotto le spoglie apparentemente neutre degli algoritmi e dell'intelligenza artificiale. Se nelle forze armate la disciplina si basa sul fatto che i soldati si riconoscpno negli interessi della comunità nazionale, nei magazzini Amazon per “fidelizzare” e disciplinare la forza-lavoro si fa leva sul rapporto di identificazione degli "amazoniani" nell’azienda e nel supremo interesse dei clienti. Il processo di identificazione nasce da un mix di riferimenti simbolici, che vanno dal gilet giallo o arancione, inteso come una “divisa”, all’utilizzo di un metalinguaggio aziendale infarcito di espressioni inglesi – pickerpackerdriverday onestationplant –, passando per le riunioni motivazionali a inizio turno, le gare di produttività con felpa Amazon come premio, un repertorio senza fine di metodi e orpelli di un ammiccante paternalismo industriale 4.0, di cui troviamo eloquente espressione in un  video  in cui i magazzinieri ballano su una base musicale da discoteca intonando una canzone che assembla rime da MinCulPop (“Siamo qui, siamo tanti e colorati, una famiglia di talenti/Amazon, il posto giusto, si lavora con passione per spedire un’emozione) e citazioni di Bezos (“Work hard, have fun, make history”).

"I veri capi, ci ha raccontato un ex dipendente Amazon dello stabilimento di Passo Corese, non sono, come nella fabbrica fordista, i marcatempo che cronometravano gli operai intenti a svolgere le singole operazioni alla catena di montaggio. In Amazon, infatti, chi ha il controllo della situazione non è chi gira in mezzo agli scaffali, ma chi sta in un ufficio davanti a un computer, maneggia i Big Data e dove si confezionano i pacchi di solito non ci mette piede". Nel "fordismo digitale" per esercitare il controllo sul processo produttivo non c'è bisogno di marcatempo, perché sono gli stessi "attrezzi di lavoro", dagli scanner che leggono i codici a barre sui prodotti e sui pacchi, ai bracciali intelligenti utilizzati in alcuni impianti, fino ai dispositivi che indicano ai driver le consegne da fare, l'indirizzo e il percorso migliore per raggiungerlo.

Anche in questo campo si registra un singolare parallelismo con gli investimenti delle forze armate americane sulle wearable technologies, le tecnologie indossabili, sperimentate da tempo in ambito sportivo per monitorare le condizioni fisiche degli atleti. L'aviazione americana fa indossare ai suoi piloti un anello da dito per verificare che siano nelle migliori condizioni fisiche per volare. "Nel 2009 lo US Special Operations Command ha annunciato che 'l'uomo è più importante dell'hardware'. Ma da quanto le tecnologie indossabili hanno rivoluzionato l'atletica e la medicina dello sport la distinzione tra ciò che è umano e l'hardware non è mai stata così poco significativa" ( Humans and hardware: how special operations can pioneer wearable technology , War on the Rocks, 5 novembre 2021).

La propaganda di Amazon

Come nella migliore tradizione militare contemporanea anche nella strategia economica di Amazon ogni singola operazione va sostenuta da un’adeguata campagna propagandistica rivolta non solo ai propri "soldati" ma anche alle popolazioni dei territori "occupati", al fine di presentare la lotta per controllo del mercato come un’impresa filantropica. Al martellante battage pubblicitario avviato sui principali canali televisivi prima dell’estate 2020 e durato parecchi mesi e in cui alla promozione dei vantaggi commerciali (prezzi bassi) e dei prodotti Amazon (Alexa, dirette calcio su Prime Video) si affiancavano spot che promuovono esclusivamente l’immagine aziendale utilizzando temi come ambiente, lavoro, integrazione razziale, si somma anche una capillare propaganda sul territorio. I comunicati diffusi per annunciare la nuova apertura di un magazzino seguono un canovaccio ripetitivo ma efficace, una narrazione fondata in particolare su cinque punti, che possiamo esemplificare come segue:

1. (Creiamo occupazione) Amazon aprirà un nuovo centro nella località tale. Creerà N posti di lavoro in tre anni, investendo altri X milioni di euro, che andranno ad aggiungersi agli Y milioni già investiti in Italia finora. In questa regione si tratta del terzo hub aperto dal colosso americano, con un impatto occupazionale complessivo di Z posti di lavoro. Dichiarazione del manager: “Negli ultimi anni siamo diventati tra i maggiori creatori di lavoro in Italia e siamo davvero felici di investire anche in questa città”.

2. (Creiamo buona occupazione) Il magazzino sarà dotato di tecnologie d’avanguardia per assicurare la salute e il benessere dei dipendenti. Questi ultimi verranno assunti al quinto livello del contratto nazionale del trasporto e della logistica, con un salario d’ingresso di 1.550 euro lordi, tra i più alti del settore e numerosi benefit.

3. (Siamo attenti all’ambiente) Il magazzino disporrà di pannelli solari fotovoltaici che produrrano tot kWp di energia elettrica, farà ampio ricorso all’illuminazione a led, ma la presenza di numerose finestre e lucernari garantirà una buona illuminazione naturale che sarà bilanciata, dove necessario, da quella artificiale. Inoltre è dotato di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici che agevoleranno le modalità di trasporto a emissioni zero. Queste soluzioni sono in linea con “The Climate Pledge”, con il suo ambizioso obiettivo di raggiungere zero emissioni di CO2 entro il 2040, quindi con 10 anni di anticipo rispetto all’Accordo di Parigi. Il progetto prevede anche la riqualificazione dell’area, la sua rinaturalizzazione nell’ottica di garantire la biodiversità di flora e fauna. Barriere vegetali infine verranno create tra le aree naturali e quelle urbanizzate a protezione della fauna.

4. (Siamo sensibili ai problemi sociali del territorio) L’azienda, inoltre, effettuerà una donazione a favore di Alfa Beta, realtà che conduce attività rivolte alle fasce più disagiate della popolazione e si è impegnata a dare il suo sostegno al “tavolo della solidarietà” promosso dall’assessorato alle politiche sociali del comune e che si occupa delle persone con particolari forme di disagio.

5. (I dipendenti partecipano alle campagne sociali dell’azienda) Amazon porta avanti la campagna #AmazonGoesGold con l’obiettivo di focalizzare l’attenzione sull’incredibile lavoro svolto dagli ospedali e dalle tantissime associazioni impegnate nella ricerca di cure per il cancro infantile e nel sostenere le famiglie dei bambini affetti dalla malattia. Come gesto di solidarietà, migliaia di dipendenti Amazon, nel corso del mese, si recano al lavoro in pigiama, in Italia e nel resto del mondo. Il pigiama, infatti, è la “divisa” che ogni giovane paziente indossa nella sua battaglia quotidiana contro la malattia. Anche nel deposito di Gamma Delta, appena inaugurato, i dipendenti hanno aderito all’iniziativa e per due giorni potranno mostrare la loro vicinanza indossando il pigiama al lavoro. 

La "campagna d'Italia" di Amazon

Se la logistica è l’applicazione dell’arte di rifornire gli eserciti di vettovaglie, equipaggiamento e truppe di rimpiazzo al moderno capitalismo delle supply chain (catene di fornitura) rimuovendo ogni potenziale ostacolo sul percorso, in Amazon essa diventa anche arma strategica di occupazione economica e “morale” del territorio attraverso l’instaurazione di una gestione che trasforma i dipendenti in “soldati dell’azienda” e l’ambiente circostante in un territorio con cui si cerca di collaborare o quanto meno di assicurarsi la non ostilità (un capitolo specifico andrebbe aperto sul ruolo dei sindaci quali promoter politici del gruppo di Seattle). Anche per questa ragione mappare l’avanzata di Amazon in Italia ci appare il metodo più appropriato per comprenderne la logica interna e affrontarla in termini politici, sindacali, ecc. Un metodo che avrebbe come naturale complemento un’analoga mappatura di Amazon negli altri paesi europei, a partire da quelli confinanti.

Nelle mappe che seguono abbiamo riprodotto l'espansione della rete logistica di Amazon in Italia anno per anno concentrandoci in particolare sul nord, ma riportando sulla destra una carta relativa alla crescita complessiva sull'intero territorio.

2011-2014: Amazon getta le sue “teste di ponte” nella zona di maggior valore strategico, il nord Italia, con una clientela più ricca e soprattutto più propensa a utilizzare sistemi di acquisto innovativi. Dopo l’attivazione del sito web italiano di Amazon nel 2010 il primo centro di distribuzione viene aperto nel 2011 a Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza, al confine con la Lombardia, a una settantina di chilometri da Milano, in posizione centrale lungo una delle due arterie principali del cosiddetto corridoio plurimodale padano che taglia trasversalmente l’Italia settentrionale (Torino-Rimini), ma allo stesso tempo vicino all’Autostrada del Sole che collega Milano con Napoli. Due anni dopo, nel 2013, il vecchio centro di distribuzione MXP1 viene chiuso e sostituito da un nuovo magazzino, sempre a Castel San Giovanni, che comprende un centro di distribuzione (MXP5) e uno di smistamento (MXP8).

2011-2014

2015: Il primo magazzino dedicato ai clienti Prime viene aperto ad Affori, nella metropoli più ricca d'Italia (imponibile medio: 31.279 euro), ma in una zona circondata da un pugno di comuni dell'ex zona industriale il cui reddito medio è inferiore di circa un terzo: Sesto San Giovanni (22.370), Cinisello (20.281), Bresso 23.145, Cormano (22.269), Novate Milanese (23.803), Baranzate (17.682), Pero (21.638).

2015

2016: aprono le prime stazioni di consegna, due a nord e a sud di Milano (Origgio e Rogoredo) e una nei pressi di Torino (Avigliana). Così facendo Amazon "occupa" anche il vertice del cuneo del corridoio plurimodale padano (Torino) e il suo braccio superiore (Torino-Trieste).

2016

2017: Amazon consolida la sua presenza sull'asse padano superiore aprendo un nuovo centro di distribuzione a metà strada tra Torino e Milano e getta due nuove teste di ponte, la stazione di consegna di Vigonza (PD), nel nordest, e il centro di distribuzione di Passo Corese, alle porte di Roma.

2017

2018: la stazione di consegna di Avigliana viene chiusa (nella mappe successive resta comunque segnata) e sostituita da quella di Brandizzo. A est e a ovest di Milano ne compaiono altre due (Burago di Molgora e Buccinasco), mentre più a est apre il secondo centro di smistamento (Casirate d'Adda). Nel frattempo Amazon comincia a occupare la dorsale appenninica con una delivery station a Firenze, due a Roma (anche in questo caso una a nord, Fiano Romano, e una a sudovest, Magliana) e una a Catania.

2018

2019: come mostra la mappa prosegue la saturazione del padano superiore, mentre con l'apertura di due nuove stazioni di consegna lungo la via Emilia (Crespellano e Sant'Arcangelo di Romagna) Amazon è presente anche in quattro punti lungo il padano inferiore. A Roma apre il Prime Now di Portonaccio e l' "accerchiamento" della Capitale va avanti con l'apertura di due station a Roma est (Settecamini) e Pomezia (sud di Roma). Napoli viene servita dalla nuova stazione di consegna di Arzano.

2020: Come negli USA anche in Italia a un lento periodo di "accumulazione originaria" segue una rapida impennata nel numero degli hub: se in nove anni vengono aperti una trentina di magazzini,infatti, al termine del triennio successivo (2020-2022) il numero sarà raddoppiato. E se la crescita vertiginosa dell'e-commerce a seguito della pandemia sicuramente accentua questa tendenza, essa da sola non spiega un fenomeno che necessita di tempi di pianificazione abbastanza lunghi. Nel 2020, con l'apertura delle stazioni di consegna di Genova e di Pisa Amazon avanza anche lungo il litorale tirrenico e sull'altra sponda apre anche a Elmas, piccolo centro confinante con Cagliari, dove era già presente col customer service di AWS. Sel versante adriatico apre la stazione di consegna di Bitonto, in Puglia. La mappa complessiva dell'Italia mostra il livello di saturazione delle regioni settentrionali. A sud di Roma apre un nuovo centro di distribuzione a Colleferro.

2020

2021: nel secondo anno di pandemia la "conquista" del centro Italia prosegue, ma Amazon deve affrontare anche alcuni intoppi: ad aprile un incidente nel cantiere per la costruzione dell'hub di Alessandria determina l'interruzione dei lavori (nella mappa lo abbiamo inserito comunque). A novembre la trattativa col comune di Fiumicino per la costruzione di un nuovo enorme centro di distribuzione a poca distanza dall'aeroporto sembra incepparsi, mentre in Abruzzo Amazon decide di costruire il suo centro di distribuzione non più vicino al terminal feroviario di Fossacesia, ma nella piattaforma logistica di San Salvo, più a nord.

2021

2022-2023: per il prossimo biennio Amazon prevede di aprire 7 nuovi magazzini, di cui ben sei centri di distribuzione: due in Veneto (Roncade e Casale sul Sile), due intorno a Roma (Fiumicino, forse sostituito da Ardea, e Fiano Romano) e due lungo il litorale adriatico (Jesi e San Salvo). Insomma i prossimi obiettivi strategici della campagna d'Italia sembrano essere il consolidamento della presenza nel nordest, a Roma (dove a un certo punto, nel 2021, Amazon sembra intenzionata ad acquistare anche alcuni ex depositi ATAC nel centro, progetto poi sfumato per il ripensamento della giunta Raggi) e l'avanzata lungo l'Adriatico in direzione della Puglia.

2022-2023

Quale potrebbe essere la configurazione definitiva della rete logistica di Amazon in Italia? Una possibile indicazione ci viene dalla mappa seguente, che mostra la distribuzione dei magazzini in Germania, dove l'insediamento dell'azienda di Bezos è molto più maturo, visto che il primo magazzino aprì addirittura nel 1999, a Bad Hersfeld, anche in questo caso una posizione strategica al centro del paese. Alla mappa dei magazzini, che abbiamo tratto dall'opuscolo Amazon Letzte Meile (2021), a cura della centrale sindacale tedesca DGB e della Rosa Luxemburg Stiftung della Turingia, ne abbiamo sovrapposta una della rete autostradale tedesca. Qui i centri di distribuzione sono segnati in rosso, quelli di smistamento in azzurro e le stazioni di consegna in giallo. La mappa indica un'occupazione abbastanza capillare e uniforme del territorio tedesco, con una grossa concentrazione in Renania e due meno fitte attorno a Berlino e ad Amburgo, e si nota anche una corrispondenza tra l'addensarsi dei magazzini e quello dei collegamenti autostradali.

Il network Amazon in Germania (Fonte: DGB-R.L. Stiftung, elaborazione nostra)

Vulnerabilità e resilienza: un'analisi matematica

La pandemia di Covid-19 ha mostrato che l’odierno capitalismo, fondato sui due pilastri della globalizzazione e del just-in-time, è esposto più di quanto si pensi a turbolenze e attacchi di varia natura e, così facendo, ha incrinato una malintesa fede nell’onnipotenza della tecnologia, alimentando l’attenzione degli studiosi sul tema della vulnerabilità delle reti logistiche. “La logistica è stata caratterizzata come l’Internet fisico e tale definizione le si attaglia alla perfezione. Perché? L’informatica (o, come si dice oggi, la digitalizzazione) è indispensabile per gestire il processo di produzione, ma oggi si rivela incapace di riavviare tale processo se un intoppo fisico, concreto e di lunga durata si manifesta contemporanemente in diversi luoghi. La componente fisica è più forte di quella virtuale” è la sintesi icastica fatta da Sergio Bologna del nostro brusco risveglio dall’ottimismo tecnologico ( Sergio Bologna, Besonderheit der heutigen Krise, Sozialgeschichte Online 31/2021 ).

Bologna individua le radici della vulnerabilità della logistica nella sua natura di processo cooperativo tra soggetti caratterizzati da rapporti di forza reciproci diseguali e instabili:

La logistica crea una (o più) supply chain (catene di fornitura). La catena di fornitura è un processo di cooperazione tra servizi diversi, di cui possiamo considerare quale autentica sostanza la sincronizzazione dei diversi anelli della catena. Nel corso del tempo tale sincronizzazione è diventata sempre più fitta e capillare. Gli straordinari progressi nel campo dell’informatica, della robotica e della tecnologia dei sensori digitali hanno suscitato l’illusione che ogni ostacolo fisico possa essere superato e che una supply chain al riparo da possibili perturbazioni avrebbe risolto ogni problema di distanziamento geografico, in quanto tutti i soggetti posti sul suo percorso nel mondo virtuale avrebbero parlato un linguaggio comune, comprendendosi, così da potersi scambiare dati coi propri partner. Qui si è posto innanzitutto il problema che per poter raggiungere una perfetta sincronizzazione tutti i soggetti coinvolti devono mettere i propri dati a disposizione. Ciò a molte imprese è apparso un sacrificio eccessivo. E a quel punto si è posta la questione di chi dovesse esercitare la propria autorità sulla pianificazione, poiché la sincronizzazione dipende dalla pianificazione e senza di essa non è praticabile. Per evitare conflitti tra i leader di mercato l’onere posti da questo problema è stato scaricato su imprese che non hanno sufficiente forza per agire autonomamente, poiché non possono condurre altra forma di esistenza che quella di imprese di sub o sub-subappalto. Non esiste forse altro campo della produzione e dello scambio in cui tante imprese forniscono le proprie prestazioni “in appalto” a qualcun altro.

La teoria delle reti affronta il tema della vulnerabilità analizzando il danno inflitto a una catena logistica quando uno o più nodi sono resi inutilizzabili e gli archi che vi insistono impercorribili. I ricercatori hanno studiato l’impatto di una perturbazione che colpisce i nodi di rete di diversa tipologia, cancellandoli, in modo casuale o mirato. Così facendo hanno scoperto che uno dei fattori chiave della solidità di una rete è la presenza al suo interno di sottoinsiemi connessi (cluster), in cui ogni nodo è collegato a tutti gli altri da un arco. La rimozione di un singolo nodo può spezzare la rete in cluster non comunicanti, danneggiandola gravemente. Se definiamo coefficiente di clustering la probabilità che due nodi A e B connessi a un nodo C siano anche connessi tra loro, allora è chiaro che una rete con un alto coefficiente di clustering è più solida. Nella figura a sinistra sotto il coefficiente di clustering per il nodo i è 1 (100%) perché considerando le sei possibili coppie di nodi del grafo collegate a E (A,B; B,D; D,C; C,A; A,D; C,B) i nodi che le compongono sono sempre collegati tra loro, mentre in quella a destra questo capita solo per due coppie (A,C e B,D). Col risultato che mentre nel primo caso la cancellazione di E non pregiudica la capacità dei restanti nodi di restare collegati nel secondo, invece, spezza il grafo in due cluster (A,C e B,D) isolati. 

Esempi di maggiore e minore coefficiente di clustering

Sviluppando questo ragionamento e traendo spunto dall’osservazione della complessità dei fenomeni naturali e sociali, un articolo pubblicato su Nature nel 2000 osservò che

Molti sistemi complessi mostrano un sorprendente grado di tolleranza agli errori. Ad esempio alcuni organismi relativamente semplici crescono, si conservano e si riproducono nonostante drastici interventi farmaceutici o ambientali, una tolleranza agli errori attribuita alla robustezza della rete metabolica sottostante. Complesse reti di telecomunicazioni mostrando un sorprendente livello di solidità: sebbene alcuni loro componenti chiave evidenzino un regolare malfunzionamento, i guasti locali raramente conducono alla perdita della loro capacità complessiva di trasmettere informazioni. La stabilità di questi e altri sistemi complessi viene spesso attribuita al ridondante cablaggio della griglia di funzioni definita dalle componenti del sistema.

Gli autori dell’articolo, tuttavia, non si fermano qui, ma dimostrano che questa tolleranza all’errore – minore vulnerabilità e, dunque, maggiore resilienza – non è comune a tutti i sistemi ridondanti (nel nostro caso a tutte le reti connesse) ma appartiene solo a “una categoria di reti connesse in modo disomogeneo, chiamate reti a invarianza di scala, tra cui il world wide web, internet, i social network e le cellule” e che “tali reti evidenziano un inatteso grado di solidità, la capacità dei loro nodi di comunicare senza essere affetti da tassi addirittura irrealistici di errore” e tuttavia aggiungono che “questa tolleranza agli errori viene pagata a caro prezzo perché tali reti sono estremamente vulnerabili agli attacchi (cioè all’individuazione e alla rimozione di pochi nodi che giocano un ruolo vitale nel preservare la connettività della rete). Questa tolleranza agli errori e questa vulnerabilità agli attacchi sono proprietà comuni delle reti di comunicazione.” ( Albert R., Jeong R., Barabási A., Error and attack tolerance of complex networks, Nature, 2000 )

Immagine tratta da Barabàsi, La scienza delle reti

Che cosa sono le reti a invarianza di scala? Volendo semplificare sono reti in cui convivono un alto numero di nodi con poche connessioni e un numero limitato di nodi iperconnessi, detti hub. Per descriverle in termini evolutivi e probabilistici potremmo dire anche che se si aggiunge un nuovo nodo la probabilità che esso sia collegato a un vecchio nodo è proporzionale al grado di quest’ultimo, cioè al numero di archi che vi insiste. Il grafico in alto a destra nella figura qui sopra illustra la distribuzione probabilistica dei nodi della rete delle linee aeree americane (disegnata sotto), rappresentata dal grafico di una funzione f(k) che a ogni numero intero k associa il numero di nodi che hanno k archi che li collegano ad altri nodi (sopra). Come si vede per chi ha una qualche familiarità con la geometria analitica la curva disegnata dalla funzione è un’iperbole, per cui f(k)=1/kn. Poiché nella formula compare la potenza n-sima di k si dice che la distribuzione del grado dei nodi in questo tipo di rete segue una ”legge di potenza”. In altre parole all’aumentare di k il numero di nodi su cui insistono k archi si riduce esponenzialmente. Allo stesso tempo, essendo f soggetta a una legge di potenza, f(c k)= g(c) f(k) per ogni costante c, cioè il tipo di distribuzione dei gradi tra i nodi della resta la stessa anche se k viene sottoposta a trasformazioni di scala, di qui il nome di reti a invarianza di scala. Nella figura precedente il grafico a sinistra (in alto), che schematizza la rete dei collegamenti autostradali americani (sotto), invece rappresenta una distribuzione cosiddetta gaussiana, in cui la maggior parte dei nodi ha un numero medio di link mentre pochi nodi hanno il numero minimo o il massimo di link della rete. La distribuzione dell’altezza della popolazione italiana, in cui la maggior parte dei componenti si concentra intorno all’altezza media, mentre un numero ridottissimo di soggetti è altissimo o bassissimo, è un esempio di distribuzione gaussiana.

Veniamo al tema della vulnerabilità. Ciò che si osserva manipolando singoli nodi di reti di tipologie differenti è che nel caso delle reti casuali, in cui cioè i nodi si aggiungono a uno a uno senza seguire alcuna regola, man mano che si cancellano altrettanto casualmente dei nodi il loro grado di connessione diminuisce progressivamente, ma si registra un’accelerazione della sue perdita di connessione dopo che alcuni cluster secondari restano isolati dal cluster principale. Una rete a invarianza di scala, invece, non presenta tale soglia. Il suo grado di connessione diminuisce lentamente e in modo uniforme man mano che se ne cancellano i nodi, perciò la rete mantiene la propria solidità e la proprie prestazioni anche se viene cancellato un numero relativamente alto di nodi. Tuttavia se un attacco intenzionale prende di mira i suoi hub, i nodi iperconnessi, allora collassa rapidamente.

Vulnerabilità e resilienza delle rete Amazon

Abbiamo già citato la capacità di Amazon di reindirizzare i propri flussi di merce allo scopo di evitare interruzioni della propria rete di distribuzione. Una delegata sindacale polacca di Amazon sintetizza così la più generale strategia in cui si inquadra tale abitudine:

Prima di tutto voglio sottolineare che Amazon manovra i suoi pacchi in tutta Europa. Ci sono state occasioni in cui hanno spostato i flussi dalla Germania alla Polonia per aggirare gli scioperi organizzati nei magazzini tedeschi. (...) Per questa ragione se come lavoratori non lottiamo tutti insieme non siamo abbastanza forti. Loro pensano globalmente ed espandono la propria rete in continuazione aprendo nuovi magazzini. Perciò nessun magazzino da solo è abbastanza forte ( Licenziata da Amazon. Intervista a Magda Malinowska , 1 dicembre 2021).

Chairmane Chua, docente al Department of Global Studies della University of California e membro del Solidarity Comittee di Amazonians United, nell'intervista già citata, affronta il tema della vulnerabilità così:

Qui appunto veniamo al tema delle strozzature, dei punti vulnerabili della rete di Amazon. Per bloccare la rete bisogna capire da quale centro di smistamento ogni stazione di consegna riceve i pacchi e da quale fulfillment center ricevono i pacchi i centri di smistamento. E siccome Amazon non rilascia queste informazione sta ai lavoratori cercare di capirlo. Su ogni pacco c’è un adesivo che dichiara da dove arriva la merce. In termini strategici questo è un aspetto decisivo, perché se le delivery station sono quelle più facili da organizzare sindacalmente per il modo in cui i lavoratori interagiscono al loro interno, per fermare i pacchi dobbiamo essere in grado di bloccarne un numero sufficiente. Prendiamo ad esempio Chicago: in città ci sono tante delivery station e attorno ci sono anche fulfillment e sortation center. Se blocchi una delivery station Amazon, avendone tante, può comunque ridirigere molto agevolmente i pacchi facendoli passare attraverso un’altra stazione. Il problema è come far sì che Amazon non vanifichi la forza dei lavoratori deviando i flussi. (...) Negli USA, con le loro enormi distese, i flussi possono essere deviati da una all’altra grande città. Ma se prendiamo una di queste grandi città, dove si trova il vero target di Amazon, e se abbiamo la forza di bloccare l’intera rete cittadina, ecco che li emerge la strozzatura. 

Che cosa ci insegna la teoria matematica dei grafi applicata alla rete distributiva di Amazon?

Alcuni studiosi si sono chiesti se in generale le reti logistiche siano a invarianza di scala. Nel 2014 un ricercatore cinese dell’Università Wuzi di Pechino, utilizzando la piattaforma di programmazione e calcolo Matlab, ha creato un modello di logistica di distribuzione e ha analizzato la distribuzione del grado dei suoi nodi, arrivando alla conclusione che si trattava di una rete a invarianza di scala, in cui l’esponente della legge di potenza si colloca tra 2 e 3 ( Xinyu Zhang, Analysis for Scale-Free Network Characteristics of Logistics Distribution Network, 2014 ).

Altri studiosi, tuttavia, ammoniscono che anche se a volte leggendo la stessa letteratura scientifica si ha la sensazione che siano ovunque, in realtà le reti a invarianza di scala presenti in natura o nella sfera sociale sono relativamente rare. A rendere incerti i confini del fenomeno contribuisce anche il fatto che la stessa definizione di reti a invarianza di scala vari da un autore all’altro. Il generale criterio della distribuzione del grado secondo una legge di potenza talora viene reso più restrittivo introducendo ulteriori condizioni (ad esempio che l’esponente della potenza sia compreso tra 2 e 3: nel caso di internet si è calcolato che la legge di potenza ha esponente 2,48), in altri, al contrario, viene attenuato (ad esempio considerando sufficiente che la legge di potenza valga solo per i valori più alti della distribuzione). Ciò introduce anche la distinzione tra reti debolmente o fortemente a invarianza di scala ( Anna D. Broido-Aaron Clauset, Scale-free networks are rare, marzo 2019 ).

Non rientra negli scopi di questo lavoro decidere se la rete distributiva del colosso americano sia a invarianza di scala: ci limitiamo a paragonare le due strutture e a trarne alcune conclusioni.

Grafo della rete Amazon nel 2018 (centronord Lazio escluso)

Nella figura qui sopra abbiamo creato un grafo della rete di Amazon dalla Toscana in su nel 2018, utilizzando Gephi, e ipotizzando che si tratti di una porzione di rete indipendente dai restanti magazzini, poiché si tratta di un numero esiguo di nodi collocati a notevole distanza dal resto della rete distributiva (all’epoca tre attorno a Roma e uno a Catania). Come si può vedere i nodi hanno colori diversi a seconda della tipologia di magazzini: in rosso i centri di distribuzione (fulfillment center), in cui la merce in arrivo dai fornitori viene stoccata e, man mano che arrivano gli ordini, confezionata nei pacchi e spedita; in verde i centri di smistamento (sortation center), in cui i pacchi vengono smistati verso le stazioni di consegna; in azzurro le stazioni di consegna (delivery station), da cui i pacchi sono affidati ai driver consegnati a domicilio; infine, in rosa shocking il magazzino Prime Now di Milano, dove è stoccata una limitata quantità di articoli da consegnare agli abbonati entro 24 ore dall’ordine. Il nodo Prime è sconnesso dal resto della rete. I nodi con un maggior numero di link sono rappresentati con un diametro superiore. Gli archi rappresentano collegamenti funzionali, non fisici, (cioè indicano un passaggio di merce tra due magazzini, non la “strada” tra uno e l’altro) e sono tracciati utilizzando il colore del nodo di provenienza con le seguenti regole:

- dai centri di distribuzione a tutte le stazioni di consegna

- dai centri di distribuzione ai centri di smistamento

- dai centri di smistamento a tutte le stazioni di consegna

- dai centri di distribuzione ai centri di distribuzione.

Si tratta ovviamente di un modello molto grossolano della rete di Amazon, che non tiene conto, ad esempio, che ci sono magazzini dedicati ai pacchi voluminosi. Qui ci siamo limitati a prendere atto che i pacchi confezionati nei centri di distribuzione possono transitare nei centri di smistamento o dirigersi direttamente verso le stazioni di consegna e abbiamo ipotizzato che i centri di distribuzione siano collegati tra loro, in modo che gli articoli stoccati in uno possano essere spostati verso l’altro in caso di necessità. Ma si tratta di una semplificazione che ci pare non pregiudichi le conclusioni che ne trarremo. 

C’è un'altra imprecisione, però, a cui invece rimediamo subito. Il grafo infatti è monco, nel senso che esclude i nodi a monte, i fornitori e l’Inbound Cross Docks (IXD) di Dortmund, l’unico in Europa, aperto proprio nel 2018, che rifornisce i centri di distribuzione continentali con consegna della merce in 24 ore, ma mancano, soprattutto, i nodi a valle, cioè gli oltre 10 milioni di clienti italiani di Amazon. Nella figura che segue abbiamo inserito 20 clienti (C1, C2, …, C20) collocandoli intorno alla stazione di consegna di Brandizzo (DPI2), in rappresentanza di tutti i clienti italiani, lasciando immaginare che analoghe e, anzi, più fitti sciami di clienti attornino anche le altre delivery station della rete. Poiché inoltre a questo punto le stazioni di consegna risultano essere quelle con un numero maggiore di link, abbiamo opportunamente aumentato il diametro dei rispettivi nodi.

Grafo precedente con una "delegazione" di clienti attorno a Torino

In questa seconda versione il network di Amazon ha un numero limitato di hub (le stazioni di consegna e i magazzini Prime, pochi in rapporto ai milioni di nodi-clienti lasciati alla vostra immaginazione) con un altissimo numero di link ed è facile osservare anche che se aggiungiamo un nuovo nodo è più probabile che si tratti di un cliente e che quindi esso si collegherà a uno di questi hub. Nel caso di grandi città, come Milano, poi, possiamo ipotizzare che il numero dei collegamenti cresca ulteriormente perché, anche se in linea di massima ogni stazione tenderà a servire i clienti più vicini, è presumibile che, in caso di necessità, ciascuna delle quattro stazioni possa servire tutti i clienti e avere un numero di link pari al numero di clienti a Milano moltiplicato per quattro. Non abbiamo inserito i nodi a monte, perché sono in numero limitato e quindi non intaccano questa caratteristica strutturale della rete.

In sostanza mentre nel grafo dei magazzini Amazon in Italia gli hub sono i centri di distribuzione, che hanno un numero più alto (pur piccolo in valore assoluto) di link, se integriamo la rete coi clienti, essa sembra assumere caratteristiche analoghe a quella di una rete a invarianza di scala, cioè pochissimi nodi con un numero enorme di collegamenti e tantissimi poco connessi. Tuttavia possiamo osservare che ha una struttura molto diversa dalle più note reti a invarianza di scala, come la rete fisica di internet o quella che rappresenta i link tra i vari siti. Infatti non contiene cicli, cioè cammini che permettono di abbandonare un nodo e farvi ritorno senza mai ripercorrere una seconda volta lo stesso arco. Nella teoria dei grafi le reti di questo tipo si chiamano “alberi”. Ma esistono anche alberi a invarianza di scala.

Che il network formato dai magazzini e dai clienti di Amazon goda di alcune proprietà caratteristiche delle reti a invarianza di scala suggerisce che anch’esso sia poco vulnerabile a perturbazioni che colpiscano in modo casuale i suoi nodi, ma possa essere messo a dura prova se vengono colpiti i suoi hub. Ciò confermerebbe una conclusione tratta empiricamente dagli attivisti sindacali americani e abbastanza controintuitiva. L’esperienza della fabbrica fordista ci spinge a pensare che i punti più vulnerabili della rete logistica amazoniana siano i magazzini più grandi: i centri di distribuzione. Questa previsione però non tiene conto di due aspetti. Uno è strettamente sindacale: bloccare un magazzino con migliaia di dipendenti è più difficile. L’altro invece è squisitamente matematico. Nelle due figure qui sotto abbiamo preso il grafo della rete di Amazon con la piccola “delegazione di clienti” e abbiamo cancellato rispettivamente il centro di distribuzione MXP3 e la stazione DPI2. Come si può vedere nel primo caso l’efficienza della rete viene preservata, perché i flussi possono essere reindirizzati sul centro di distribuzione MXP5 e raggiungere comunque tutte le stazioni di consegna e da esse i clienti.

Grafo precedente meno il nodo MXP3: le le rete resta connessa

Nel secondo caso, invece, un pezzo di rete, i clienti attorno a DPI2, resta isolata. Ovviamente in questo caso ciò avviene perché su quella zona insiste una sola delivery station, mentre nel caso di Milano la cancellazione di un solo nodo azzurro dalla rete potrebbe essere compensata facendo transitare la merce dagli altri tre. Perché i clienti milanesi restino isolati, dunque, è necessario cancellare tutti e quattro i nodi azzurri. 

Grafo precedente meno il nodo DPI2: una parte della rete resta isolata

In sostanza i grafi della rete italiana di Amazon e il concetto di reti a invarianza di scala confermano le intuizioni maturate sul campo circa la vulnerabilità del network logistico di Amazon. Quest’ultima osservazione ci suggerisce altresì che il procedimento possa essere invertito, cioè che la formulazione di un modello più accurato e inevitabilmente più complesso della rete di Amazon, che cioè contenga una più puntuale ed esaustiva ricostruzione dei flussi di merce – i dati sulla pianificazione e sulla sincronizzazione di cui parlano Bologna e Chua – permetta di formulare un’analisi più potente delle sue vulnerabilità e resilienza, a cui l’osservazione empirica da sola non è in grado di attingere, pur potendola validare una volta formulata. Il nostro augurio è di aver indicato un campo di ricerca che qualcuno vorrà approfondire. 

Elaborazione dei dati nella mappa principale e nelle figure a cura di PuntoCritico.info. L'immagine della mappa è proprietà intellettuale di Esri e nel presente documento viene utilizzata su licenza. Copyright © 2020 di Esri e dei suoi concessori di licenza. Tutti i diritti riservati.

Immagine iniziale di Valentina Tienghi

Testi di Associazione PuntoCritico

CC BY-NC-ND 3.0 IT

L'inserzione con cui Amazon cerca militari ed ex militari

2011-2014

2015

2016

2017

2018

2020

2021

2022-2023

Il network Amazon in Germania (Fonte: DGB-R.L. Stiftung, elaborazione nostra)

Esempi di maggiore e minore coefficiente di clustering

Immagine tratta da Barabàsi, La scienza delle reti

Grafo della rete Amazon nel 2018 (centronord Lazio escluso)

Grafo precedente con una "delegazione" di clienti attorno a Torino

Grafo precedente meno il nodo MXP3: le le rete resta connessa

Grafo precedente meno il nodo DPI2: una parte della rete resta isolata