CICATRICI

PerCorsi di ricerca su alcuni luoghI ChiAve di TRento per ricostruire le diverse Identità della città, tra Continuità e strappI.

Introduzione

Le  cicatrici  si formano dove sono coinvolti gli strati più profondi della pelle. Applicando la metafora alla città di Trento, il progetto coniuga scienze storiche, geografiche, geomatiche, sociologiche e digital humanities per studiare e ricostruire alcuni luoghi ad alta valenza simbolica per la città. Il progetto vuole svelare ferite e rigenerazioni che hanno interessato aspetti chiave dell’identità trentina e ancora oggi centrali rispetto alle sfide che la città si trova davanti. 

Gli obiettivi:

1. Individuare luoghi che hanno comportato alterazioni, ferite e “traumi” negli immaginari collettivi; 2. ricostruire le prime reazioni del tessuto sociale e urbano ai luoghi selezionati e le risorse attivate nella loro elaborazione; 3. analizzare le sfide attuali per la coesione e l’inclusione sociale; 4. sperimentare il ruolo delle tecnologie digitali nella rielaborazione del loro valore simbolico; 5. saldare il rapporto tra la storia documentata e divulgata e la memoria collettiva.

Ricognizione preliminare

La prima fase del progetto prevede una ricognizione preliminare sul territorio urbano e peri-urbano al fine di individuare i casi-luoghi la cui storia e memoria è legata a alterazioni, strappi, ferite del tessuto sociale e urbano sulla base di tre dimensioni o traiettorie identitarie rilevanti per la città:  quella religiosa - dal Concilio al rapporto con vecchie e nuove minoranze religiose -, quella storico-politica - l’elaborazione dell’esperienza delle grandi guerre e dell’epoca fascista - e quella territoriale - lo sviluppo urbano nell’ambiente peculiare della città alpina. Rientrano nella prima i casi della Chiesa di San Marco Evangelista, oggi sede di una parrocchia Cristiano -Ortodossa e in passato concessa alla comunità tedesca (si veda anche il progetto  Teseo ) o l’ex Sinagoga, legata alla persecuzione e dispersione della comunità ebraica. Entro la dimensione storico-politica, i casi del Palazzo delle Poste, eretto in epoca fascista al posto di un edificio asburgico che a sua volta sorse sui resti di un palazzo rinascimentale, oppure dei bunker abbandonati dopo la seconda guerra mondiale. Nella terza traiettoria rientrano le tracce superstiti delle cinte urbane (mura e antico passaggio del fiume) sino ai più recenti progetti, come il complesso residenziale “Le Albere” – il quartiere di Trento progettato da Renzo Piano al fine di avviare una riqualificazione dell’ex area Michelin – che impattano sulla questione sociale e ambientale. 

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TRENTO E IL SUO PORTO

La città di Trento tra medioevo ed età moderna aveva ampia disponibilità di acque interne alle mura e nelle immediate vicinanze, sfruttando l'ampia ansa del fiume Adige che la lambiva verso settentrione e numerose rogge ricavate dal corso del torrente Fersina. Prima di essere per la maggior parte chiuse o interrate nel corso del XIX secolo, tali vie d'acqua assicuravano lo sviluppo delle attività artigianali e manifatturiere, ed erano utili alle esigenze quotidiane degli abitanti dei quattro quartieri cittadini.

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LA CHIESA E IL MONASTERO DI SAN MARCO

Risalenti al XIII secolo, per l'intera età medievale e moderna la chiesa e il monastero furono sede dell’Ordine degli eremitani di Sant’Agostino. Ricostruita nel 1665, la chiesa è preceduta da un portico rivestito di lastre tombali di famiglie aristocratiche trentino-tirolesi: la famiglia Thun in particolare elesse il complesso a  spazio privilegiato per le sepolture urbane sino al XIX secolo. Unico retaggio della chiesa medievale è il lacerto di affresco trecentesco raffigurante la Disputa di S. Caterina d’Alessandria visibile sulla parete destra della navata, mentre sino al Novecento l'altare principale presentava la pala dipinta dal vicentino Marcello Fogolino con raffigurati i patrocinatori: Andrea da Borgo, diplomatico degli Asburgo, e la consorte Dorothea Thun, deceduta nel 1520.

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IL PALAZZO DELLE POSTE

L'attuale palazzo venne progettato dall'architetto Angiolo Mazzoni tra 1929 e 1934, sull'area di demolizione del precedente Palazzo delle Poste realizzato dal funzionario austriaco Friedrich Setz nel 1888. Questo, a sua volta, era sorto sulle rovine di una imponente dimora di epoca rinascimentale, realizzata dalla famiglia aristocratica a Prato e rilevata in epoca conciliare da Nicolò Madruzzo, peraltro distrutta per la maggior parte da un incendio nel dicembre 1845, quando nell'immobile aveva sede un zuccherificio. Tra 1853 e 1874, in una porzione del complesso, acquistato dal Comune, avevano trovato temporaneamente sede la Biblioteca e il Museo Civico.

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Torre della Tromba

La casa-torre in pietra voluta dalla famiglia Buonmartino nel XII secolo, nel 1481 venne acquistata dal Magistrato Consolare della città, nell'ambito delle trasformazioni urbanistiche che coinvolsero anche l'antica Contrada Larga (oggi via Belenzani). L'edificio compare nella mappa urbana di Giovanni Andrea Vavassore del 1562-63, dove è definito "Abbazia". Il nome Torre della Tromba è attestato invece soltanto a partire dal 1683, in precedenza era definita anche Torre del Magistrato. Nel 1683 fu abbassata, privata di merlatura e coperta con un tetto a quattro spioventi.

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Torre di Piazza o Torre Civica

La torre di piazza, o torre civica, domina lo spazio pubblico per eccellenza della città, teatro della vita cerimoniale e delle attività sociali, religiose ed economiche. Su piazza Duomo, accanto alla cattedrale di San Vigilio, si affacciavano infatti gli edifici appartenenti alle principali istituzioni politiche e religiose, come l'antico palazzo vescovile e il palazzo pretorio: quest'ultimo, dalla fine del XV secolo, era la residenza del pretore cittadino (podestà). Da metà Cinquecento, una parte dell'edificio posto accanto alla torre divenne sede del Magistrato Consolare e del collegio dei notai. Alla base della torre, davanti al palazzo, i cittadini si riunivano attorno al banditore che leggeva i proclami delle autorità; sotto i portici vicini contadini e commercianti, locali e forestieri, tenevano un mercato alimentare per la vendita dei loro prodotti e di altre merci. La piazza, infatti, rappresentava anche un importante polo commerciale, contraddistinto da edifici in lotto lunghi e stretti di impianto medievale, portici con botteghe e una grande loggia mercantile appoggiata alla Torre, proiettata sulla piazza e demolita tra Sei e Settecento.


TRENTO E IL SUO PORTO

La città di Trento tra medioevo ed età moderna aveva ampia disponibilità di acque interne alle mura e nelle immediate vicinanze, sfruttando l'ampia ansa del fiume Adige che la lambiva verso settentrione e numerose rogge ricavate dal corso del torrente Fersina. Prima di essere per la maggior parte chiuse o interrate nel corso del XIX secolo, tali vie d'acqua assicuravano lo sviluppo delle attività artigianali e manifatturiere, ed erano utili alle esigenze quotidiane degli abitanti dei quattro quartieri cittadini.

Il legame secolare tra la città e il fiume Adige, invece, si spezzò con la rettifica promossa dalle autorità austriache del corso del fiume poco a nord delle mura settentrionali e del borgo fortificato di San Martino (1858). L'opera intendeva garantire alla città nuove aree di espansione edilizia e agevolare il percorso della nuova ferrovia del Brennero. Prima dello spostamento del letto del fiume, Trento disponeva di un piccolo porto commerciale, posto sull'ansa del fiume, che precedeva l'iconico ponte coperto in legno di San Lorenzo, oggetto d'attenzione di numerosi viaggiatori e ospiti della città. Sorretto da almeno cinque piloni in legno sin dall'inizio del XVI secolo, non venne mai realizzato in pietra sino al XIX secolo per fronteggiare eventuali attacchi alle mura urbane e per essere facilmente ricostruito dopo le frequenti piene.

Trento e il suo porto (Andrea Vavassore, Tridentum, Venezia 1563, particolare)

Cordone ombelicale del commercio fluviale tra Impero e stati dell'Italia settentrionale, l'attracco atesino era un porto di approdo oltre che di transito. Canalizzando le acque dell'Adige e aprendo alla speculazione edilizia nell'area extraurbana di Centa, il governo austriaco dovette fronteggiare alcune proteste, seppur minoritarie, ribadendo che la città, destinata a divenire una piazzaforte militare e uno snodo ferroviario decisivo sul fronte italiano del primo conflitto mondiale, sarebbe stata d'ora innanzi al riparo dalle inondazioni.


LA CHIESA E IL MONASTERO DI SAN MARCO

Risalenti al XIII secolo, per l'intera età medievale e moderna la chiesa e il monastero furono sede dell’Ordine degli eremitani di Sant’Agostino. Ricostruita nel 1665, la chiesa è preceduta da un portico rivestito di lastre tombali di famiglie aristocratiche trentino-tirolesi: la famiglia Thun in particolare elesse il complesso a  spazio privilegiato per le sepolture urbane sino al XIX secolo. Unico retaggio della chiesa medievale è il lacerto di affresco trecentesco raffigurante la Disputa di S. Caterina d’Alessandria visibile sulla parete destra della navata, mentre sino al Novecento l'altare principale presentava la pala dipinta dal vicentino Marcello Fogolino con raffigurati i patrocinatori: Andrea da Borgo, diplomatico degli Asburgo, e la consorte Dorothea Thun, deceduta nel 1520.

La chiesa subì un secondo rifacimento architettonico nel 1901 e venne decorata ad affresco da Antonio Fasal (1937) con la raffigurazione, tra gli altri, del teologo e cardinale Girolamo Seripando, generale dell'ordine agostiniano e legato pontificio al Concilio tra 1545 e 1563. Fu lui, a conclusione dei lavori dell'assemblea, a finanziare la prima riqualificazione del portico della chiesa, dove venne sepolto il 18 marzo 1563. In epoca conciliare, il complesso di San Marco ospitò altri delegati dell'ordine e vescovi chiamati ad intervenire in assemblea, compresi il vescovo ungherese di Pécs e quello di Praga, vale a dire gli ambasciatori imperiali che sostennero per i domini asburgici la possibilità della comunione sub utraque specie.

Nel monastero si celebrò nel marzo 1563 un processo inquisitoriale contro il mercante genovese Agostino Centurione, accusato di sostenere idee eterodosse.

La chiesa e il monastero furono infine al centro delle celebrazioni per il terzo centenario della chiusura del Concilio: un'epigrafe latina ricorda il sermone in lingua tedesca pronunciato dal cardinale Karl August von Reisach a nome del pontefice Pio IX nel 1863.

La chiesa di San Marco Evangelista (ph. Maurizio Cau)

Dal 2003 la Chiesa di San Marco è utilizzata dalla comunità ortodossa della città di Trento. Per un approfondimento si veda la StoryMaps  TESEO .


IL PALAZZO DELLE POSTE

L'attuale palazzo venne progettato dall'architetto Angiolo Mazzoni tra 1929 e 1934, sull'area di demolizione del precedente Palazzo delle Poste realizzato dal funzionario austriaco Friedrich Setz nel 1888. Questo, a sua volta, era sorto sulle rovine di una imponente dimora di epoca rinascimentale, realizzata dalla famiglia aristocratica a Prato e rilevata in epoca conciliare da Nicolò Madruzzo, peraltro distrutta per la maggior parte da un incendio nel dicembre 1845, quando nell'immobile aveva sede un zuccherificio. Tra 1853 e 1874, in una porzione del complesso, acquistato dal Comune, avevano trovato temporaneamente sede la Biblioteca e il Museo Civico.

Il palazzo delle poste ottocentesco

Della costruzione cinquecentesca si sono conservate alcune tracce architettoniche: il portale del prospetto meridionale (1512), alcune arcate del portico colonnato del cortile interno e una trifora a capitelli corinzi.

Dotato di orti e giardini e celebrato in età moderna come un “aquilone” per le sue fresche terrazze, in epoca conciliare ospitò a più riprese i legati pontifici, ma anche vescovi, predicatori e ambasciatori, che d'inverno trovavano al suo interno ambienti riscaldati e più confortevoli della Cattedrale. Nel novembre 1563 si tennero qui le riunioni preparatorie per la formulazione dei decreti conciliari sulle immagini e sul Purgatorio.

Il palazzo attuale alla sua costruzione (Biblioteca comunale di Trento, TIC511-1441)

Il palazzo attuale alla sua costruzione (Biblioteca comunale di Trento TIC511-1670)

LA TORRE DI PIAZZA O TORRE CIVICA

La torre di piazza, o torre civica, domina lo spazio pubblico per eccellenza della città, teatro della vita cerimoniale e delle attività sociali, religiose ed economiche. Su piazza Duomo, accanto alla cattedrale di San Vigilio, si affacciavano infatti gli edifici appartenenti alle principali istituzioni politiche e religiose, come l'antico palazzo vescovile e il palazzo pretorio: quest'ultimo, dalla fine del XV secolo, era la residenza del pretore cittadino (podestà). Da metà Cinquecento, una parte dell'edificio posto accanto alla torre divenne sede del Magistrato Consolare e del collegio dei notai. Alla base della torre, davanti al palazzo, i cittadini si riunivano attorno al banditore che leggeva i proclami delle autorità; sotto i portici vicini contadini e commercianti, locali e forestieri, tenevano un mercato alimentare per la vendita dei loro prodotti e di altre merci. La piazza, infatti, rappresentava anche un importante polo commerciale, contraddistinto da edifici in lotto lunghi e stretti di impianto medievale, portici con botteghe e una grande loggia mercantile appoggiata alla Torre, proiettata sulla piazza e demolita tra Sei e Settecento.

La torre di piazza nella storia di Trento: funzioni, simboli, immagini, Atti della giornata di studio (Trento, 27 febbraio 2012), a cura di Franco Cagol, Silvano Groff, Serena Luzzi, Società di Studi Trentini di Scienze Storiche, Trento 2014

La torre fu costruita a difesa dell’antico palazzo vescovile, sorto accanto alla cattedrale, dopo la metà del XII secolo, sui resti dell'antica porta meridionale della città di età romana. Aveva inizialmente un’altezza di 23 metri e merli squadrati. Fu munita di feritoie, sopraelevata una prima volta all’inizio del XIII secolo; sulla cima fu dotata di una struttura lignea, sostituita in seguito dall'attuale balcone merlato in pietra. Ospitava gli uffici vescovili e dal 1224 disponeva di una campana per radunare la cittadinanza. Quando il vescovo e la sua corte si trasferirono al Castello del Buonconsiglio, la torre divenne l’emblema esclusivo del potere civico. Venne dotata di due campane: la prima, detta della Renga o della Raxon, chiamava a raccolta i cittadini e il consiglio cittadino; la seconda, definita della Guardia o delle ore, annunciava le adunanze del podestà, la proclamazione delle sentenze, suonava in caso di incendio e prescriveva il coprifuoco notturno. La torre fu dotata di un orologio meccanico fin dal 1448, sostituito in occasione del Concilio con un meccanismo che indicava tanto le 24 ore, come si usava in Italia, quanto le 12 ore, “all’uso ultramontano”, quindi familiare ai prelati stranieri. In età moderna, la torre civica era affrescata con le immagini dei patroni della città, san Vigilio e santa Massenza (le cui ultime tracce si intravedono nelle immagini di fine Ottocento) ed aveva anche una funzione cerimoniale. Durante le feste conciliari e in occasione di passaggi di personalità eminenti, essa veniva illuminata e dalla sommità si sparavano salve di artiglieria e fuochi d’artificio. Infine, dal XV secolo sino al XVIII secolo, la torre (alta ormai 45 metri come oggi) fu sede delle prigioni cittadine, come testimoniano le iscrizioni lasciate all'interno dai condannati.

TORRE DELLA TROMBA

La casa-torre in pietra voluta dalla famiglia Buonmartino nel XII secolo, nel 1481 venne acquistata dal Magistrato Consolare della città, nell'ambito delle trasformazioni urbanistiche che coinvolsero anche l'antica Contrada Larga (oggi via Belenzani). L'edificio compare nella mappa urbana di Giovanni Andrea Vavassore del 1562-63, dove è definito "Abbazia". Il nome Torre della Tromba è attestato invece soltanto a partire dal 1683, in precedenza era definita anche Torre del Magistrato. Nel 1683 fu abbassata, privata di merlatura e coperta con un tetto a quattro spioventi.

La torre di piazza nella storia di Trento: funzioni, simboli, immagini, Atti della giornata di studio (Trento, 27 febbraio 2012), a cura di Franco Cagol, Silvano Groff, Serena Luzzi, Società di Studi Trentini di Scienze Storiche, Trento 2014

Nel corso del XIX secolo fu utilizzata come prigione per i reati minori. A tale scopo, già a partire dal Settecento, furono ricavate finestre quadrangolari con robuste inferriate. Tra il XVIII e il XIX secolo, vi furono detenuti eccezionalmente anche i condannati per omicidio, per alleggerire il sovraffollamento di altre carceri cittadine (Torre di Piazza, Torre Vanga). Risalgono a tali occasioni le decine di scritte e di pitture parietali realizzate dai prigionieri durante i periodi di detenzione più lunghi utilizzando anche i mattoni sgretolati del soffitto. Le celle erano raggiungibili attraverso scale in legno esterne alla torre e rivolte sul cortile interno. L'attuale scalone interno in cemento venne aggiunto ad inizio Novecento, come la terrazza sulla sommità con la merlatura a coda di rondine in calcare bianco. L'edificio fu utilizzato come prigione fino al 1914, anche se sono state censite iscrizioni del periodo bellico successivo. Come è evidente dal prospetto, la torre in pietra subì continui rifacimenti, demolizioni parziali e ricostruzioni anche in laterizio, raggiungendo l'altezza attuale di poco superiore ai 33 metri già nel corso del Settecento. Con il restauro promosso dal Comune di Trento agli inizi degli anni Duemila, sulla terrazza al vertice è stata collocata la sirena municipale, che risuona ogni giorno qualche minuto prima di mezzogiorno, a memoria del bombardamento alleato del settembre 1943 che colpì il vicino quartiere della Portèla.

I luoghi della memoria industriale novecentesca

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La fabbrica Michelin alle Albere

La società francese Michelin, nata nel 1889, aprì ad inizio Novecento due fabbriche in Italia per il confezionamento di pneumatici con filamenti di cotone: la prima a Torino (1907), la seconda a Trento (1927). Lo stabilimento industriale trentino nacque dopo la tragedia del primo conflitto mondiale e all'indomani dell'annessione della regione al Regno d'Italia, in un momento di profonda crisi sociale ed economica e di crescente disoccupazione, soprattutto femminile (data la chiusura di molti stabilimenti serici locali).

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Il complesso "Le albere"

Le Albere è un quartiere di Trento progettato da Renzo Piano. È così chiamato in riferimento a populus alba, nome scientifico del pioppo bianco ripreso dal dialetto locale, che dava già il nome al vicino palazzo delle Albere.

Il complesso costituisce un ambizioso progetto di riqualificazione ambientale a seguito della dismissione della fabbrica trentina Michelin, formato da 300 unità abitative, 18.000 metri quadrati di uffici, 9.000 di negozi, 28.000 di spazi aperti – viali, piazze e canali – e cinque ettari di parco.

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La fabbrica SLOI a Campotrentino

Alla metà degli anni Trenta, il chimico Carlo Luigi Randaccio sperimentò un sistema per la sintesi del piombo tetraetile da aggiungere al carburante come antidetotante e destinato ad aumentare la resa dei motori a scoppio. Nel 1938, il segretario del partito fascista, Achille Starace, decise di aprire un grande complesso industriale destinato alla nuova produzione. Scelse la località Campotrentino a nord di Trento per la sua posizione strategica a poca distanza dalla ferrovia del Brennero. Nel 1940, a due soli anni di distanza, la Società Lavorazioni Organiche Inorganiche (SLOI) avviò la produzione. Chiusa nel 1943 e riaperta nel 1947, la fabbrica proponeva condizioni di lavoro solo in apparenza vantaggiose: turni di sei ore, salario doppio, pasti ricchi di carne, frutta e verdura fresca, un litro di latte gratis al giorno. In realtà, tutto ciò doveva compensare le gravi intossicazioni da piombo subite dagli operai.

La fabbrica Michelin alle Albere

La società francese Michelin, nata nel 1889, aprì ad inizio Novecento due fabbriche in Italia per il confezionamento di pneumatici con filamenti di cotone: la prima a Torino (1907), la seconda a Trento (1927). Lo stabilimento industriale trentino nacque dopo la tragedia del primo conflitto mondiale e all'indomani dell'annessione della regione al Regno d'Italia, in un momento di profonda crisi sociale ed economica e di crescente disoccupazione, soprattutto femminile (data la chiusura di molti stabilimenti serici locali). Le autorità comunali offrirono bassi costi per le forniture idriche e per l'energia elettrica, esenzioni fiscali e agevolazioni per i materiali da costruzione, nonché ampi spazi per realizzare gli impianti industriali tra il corso del fiume Adige, la ferrovia del Brennero e la località Albere. Nel giugno 1925 la società italiana di Michelin avviò quindi le pratiche per la costruzione dello stabilimento; nel 1929 promuoveva il potenziamento della viabilità circostante con la costruzione di una nuova strada, a sud del palazzo delle Albere, tra via Sanseverino e il passaggio a livello ferroviario, sui terreni acquistati dalla Mensa Arcivescovile. Su tale tracciato viario, emersero inizialmente le perplessità da parte dell'Unione fascista dell'industria e soprattutto dell'Ufficio Belle Arti del Comune.

La fabbrica scomparsa. La Michelin a Trento, catalogo mostra, a cura di Franco Filippini (ideazione e cura mostra: Palazzo Trentini, 2013); Manuela Baldracchi (cura mostra BUC 2019), Trento, Provincia autonoma di Trento, Consiglio, 2019.

Nel 1930, nello stabilimento in piena produzione, erano occupati 575 addetti; l'anno successivo, al momento della benedizione solenne (13 settembre 1931), gli occupati erano già 875. Nel 1933 la fabbrica si dotò di una mensa e di un pensionato (divenuto poi Gruppo Sportivo Michelin). Con l'entrata in guerra contro la Francia nel 1940, lo stabilimento venne sottoposto a sequestro da parte del regime fascista e nel settembre 1943 venne gravemente danneggiato dai bombardamenti angloamericani sulla città. Tornato nella disponibilità della Michelin nel 1946, il complesso fu ammodernato per produrre il nuovo pneumatico radiale in acciaio, assorbendo nuova manodopera soprattutto maschile: dal 1957 al 1966, gli addetti passarono da 500 a 1600. Nel decennio successivo, furono introdotti spazi ricreativi (un campo da tennis coperto nel 1972), ma i ritmi di lavoro continuavano ad essere serrati e legati ad una retribuazione a cottimo. Nonostante le proteste sindacali, sostenute anche dal Movimento Studentesco e dalla Chiesa locale, nel 1978 iniziò il progressivo depauperamento aziendale. Lo stabilimento fu chiuso nel 1997, ma l'azienda si trasferì con un centinaio di addetti a nord della città, in località Spini di Gardolo, prima di trasferire definitivamente la produzione in Ungheria nel 2004. L'imponente stabilimento Michelin di 116.000 metri quadrati venne demolito già nel 2003. L'area venne acquisita da "Iniziative Urbane SPA", una società pubblico-privata che affidò la riqualificazione urbanistica e architettonica dell'intera area allo studio dell'archistar Renzo Piano. Oggi qui hanno sede: MUSE Museo delle Scienze, BUC Biblioteca Universitaria Centrale, il quartiere residenziale e per il terziario "Le Albere", un vasto parco urbano. La memoria materiale della fabbrica è stata del tutto cancellata, richiamata soltanto dalle intitolazioni di alcuni spazi pubblici: “Parco fratelli Michelin” e “Piazza delle donne lavoratrici”.

Il complesso "Le Albere"

Lo stabilimento trentino “Michelin” continuò ininterrottamente la sua produzione fino al 1997. Nel 1999 la struttura venne dismessa ed abbandonata definitivamente. Situata tra il rilevato della ferrovia e il fiume Adige, a poche centinaia di metri dal centro storico di Trento, l’area “ex- Michelin” è stata oggetto del più significativo intervento di riqualificazione urbana mai realizzato in Trentino. La riqualificazione è stata divisa in 3 lotti: le Albere, Muse e la Biblioteca.

Le Albere è un quartiere di Trento progettato da Renzo Piano. È così chiamato in riferimento a populus alba, nome scientifico del pioppo bianco ripreso dal dialetto locale, che dava già il nome al vicino palazzo delle Albere.

La trasformazione di un’area marginale in una nuova polarità urbana, che costituisce un punto di aggregazione socio-culturale e di interesse collettivo, è certamente l’aspetto più qualificante dell’intervento, realizzato attraverso l’attenta ricucitura del tessuto cittadino e il recupero del rapporto con l’ambiente naturale. Costituisce un ambizioso progetto di riqualificazione ambientale a seguito della dismissione della fabbrica trentina. Il complesso si sviluppa su una superficie di 11 ettari. Sono stati realizzati 300 appartamenti, 30mila metri quadrati di uffici e negozi, 2.000 posti auto, 30mila metri quadrati di piazze, strade, percorsi pedonali e ciclabili e 5 ettari di parco pubblico.

Due tipologie edilizie caratterizzano l’intervento: “in linea” e“a corte”. Gli edifici in linea sono situati lungo l’asse della ferrovia e contengono funzioni non residenziali. Sono protetti acusticamente e costituiscono, sul fronte est, una barriera contro il rumore proveniente dalla ferrovia. Gli edifici a corte, prevalentemente residenziali, sono caratterizzati da “tagli” che consentono la visuale verso i giardini interni. Elemento unificante è costituito dal sistema delle coperture.

Il complesso, inaugurato l'8 luglio 2013, è costituito da diciotto palazzine per un totale di 350 fra appartamenti, esercizi commerciali e uffici. Affiancato al  MUSE , si snoda in direzione sud. Un asse pedonale lungo 300 metri, che lo attraversa unendo in linea retta la struttura museale e il centro culturale polifunzionale, è costeggiato da entrambi i lati da edifici che variano in altezza dai quattro ai cinque piani, con facciate di color verde caratterizzate da griglie di legno nelle quali si inseriscono le finestre e i poggioli. Oltre al legno, nel rispetto della tradizione trentina viene utilizzata per i marciapiedi una pietra nelle due diverse tipologie Rosso Trento e Verdello, così come impiegata nel centro storico del capoluogo. Un altro asse, anch'esso fiancheggiato da edifici, converge diagonalmente verso il centro congressi (divenuto poi sede della Biblioteca Universitaria Centrale), percorso da un canale che assieme ad altri condotti trasversali e agli specchi d'acqua adiacenti al MuSe forma una scorta utile per l'irrigazione e in caso di incendio.

Gli interni sono provvisti di grandi vetrate che rendono gli ambienti luminosi, e sono stati abbelliti da marmi, ceramiche e legni pregiati. Le auto non possono circolare e vanno posteggiate in un parcheggio sotterraneo su due livelli capace di 2.000 posti per i veicoli dei residenti e degli ospiti, dotato di avanzati sistemi di sicurezza e di videosorveglianza. Un parco che si estende dal complesso residenziale fino alla sponda sinistra del fiume Adige occupa una superficie di cinque ettari.

La fabbrica SLOI a Campotrentino

Alla metà degli anni Trenta, il chimico Carlo Luigi Randaccio sperimentò un sistema per la sintesi del piombo tetraetile da aggiungere al carburante come antidetotante e destinato ad aumentare la resa dei motori a scoppio. Nel 1938, il segretario del partito fascista, Achille Starace, decise di aprire un grande complesso industriale destinato alla nuova produzione.

Scelse la località Campotrentino a nord di Trento per la sua posizione strategica a poca distanza dalla ferrovia del Brennero. Nel 1940, a due soli anni di distanza, la Società Lavorazioni Organiche Inorganiche (SLOI) avviò la produzione. Chiusa nel 1943 e riaperta nel 1947, la fabbrica proponeva condizioni di lavoro solo in apparenza vantaggiose: turni di sei ore, salario doppio, pasti ricchi di carne, frutta e verdura fresca, un litro di latte gratis al giorno. In realtà, tutto ciò doveva compensare le gravi intossicazioni da piombo subite dagli operai. A partire dagli anni Cinquanta, con la crescente richiesta di benzina super, all'incremento della produzione avviato dall'azienda corrispose l'aumento esponenziale degli 'impiombati'. I loro vestiti e le loro case si impregnavano di odori acri di mandorle marce, aglio e cipolla; lamentavano disturbi neurologici e perdite di memoria che sfociavano in violenze domestiche e casi di suicidio. Gli operai esposti al piombo erano sostituiti rapidamente e inviati alle cliniche universitarie di Padova, ma in taluni casi rinchiusi anche nell'ospedale psichiatrico di Pergine Valsugana (Tn).

SLOI: la fabbrica dei veleni, a cura di Luigi Sardi, Nuove arti grafiche, Trento 2012 (1° ed. 2005)

A partire dal 1964-65 si moltiplicarono gli scioperi e le richieste di più sicurezza sul posto di lavoro, da parte dei 300 operai impiegati contestualmente nello stabilimento. In quegli anni già si contavano 1108 casi di infortunio, più di 600 casi di intossicamento e 325 ricoveri ospedalieri. Quando nel 1966 il fiume Adige allagò l'intero quadrante settentrionale della città, la fabbrica fu invasa dall'acqua ed esplosero alcuni depositi di sodio. Nel luglio 1971 la fabbrica fu occupata, ma le compiacenze e i silenzi della politica locale e nazionale permisero alla SLOI di continuare a lavorare in deroga nonostante le prime denunce depositate dai medici del lavoro (1970) e le prime condanne comminate ai dirigenti (1973). Il 14 luglio 1978 la tragedia finale: le infiltrazioni d'acqua di un violento temporale innescarono un incendio di un deposito di 300 quintali di sodio, domato senza vittime con il versamento di sabbie e di cemento. Pur non coinvolgendo i depositi di piombo tetraetile, l'incendio creò una nube tossica che attraversò la città. La fabbrica fu chiusa pochi giorni dopo, lasciando in eredità una costosissima bonifica di un'area contaminata da 200 tonnellate di piombo, sino ad una profondità di 15 metri nel sottosuolo. Alle vittime della SLOI è dedicato oggi un parco urbano, frutto di un progetto di progettazione partecipata, proprio nelle aree residenziali e commerciali di Trento nord limitrofe alla "fabbrica dei veleni".

Centro per le Scienze Religiose, ISIG, 3DOM – 3D Optical Metrology unit

Partner: University of Roma Tre, Department of Humanistic Studies

cicatrici.fbk.eu.

Fondazione Bruno Kessler

Funding Institution: CaritroDate: 2023-2025

Trento e il suo porto (Andrea Vavassore, Tridentum, Venezia 1563, particolare)

La chiesa di San Marco Evangelista (ph. Maurizio Cau)

Il palazzo delle poste ottocentesco

Il palazzo attuale alla sua costruzione (Biblioteca comunale di Trento, TIC511-1441)

Il palazzo attuale alla sua costruzione (Biblioteca comunale di Trento TIC511-1670)

La torre di piazza nella storia di Trento: funzioni, simboli, immagini, Atti della giornata di studio (Trento, 27 febbraio 2012), a cura di Franco Cagol, Silvano Groff, Serena Luzzi, Società di Studi Trentini di Scienze Storiche, Trento 2014

La torre di piazza nella storia di Trento: funzioni, simboli, immagini, Atti della giornata di studio (Trento, 27 febbraio 2012), a cura di Franco Cagol, Silvano Groff, Serena Luzzi, Società di Studi Trentini di Scienze Storiche, Trento 2014

La fabbrica scomparsa. La Michelin a Trento, catalogo mostra, a cura di Franco Filippini (ideazione e cura mostra: Palazzo Trentini, 2013); Manuela Baldracchi (cura mostra BUC 2019), Trento, Provincia autonoma di Trento, Consiglio, 2019.

SLOI: la fabbrica dei veleni, a cura di Luigi Sardi, Nuove arti grafiche, Trento 2012 (1° ed. 2005)