La musica tra tradizione e innovazione

Come nasce la musica e come si è arrivati a fare la musica di oggi

Il problema della determinazione dell'epoca che ha visto nascere le prime forme di espressione musicale è ovviamente connesso con la definizione che si sceglie di adottare per la parola musica. Mentre, infatti, per un sistema teorico di organizzazione dei suoni, collegato a precisi riferimenti estetici, dobbiamo attendere l'antica Grecia, per la prima comparsa di specifici elementi, come la produzione volontaria, anche tramite strumenti, di suoni da parte dell'uomo, dobbiamo risalire al paleolitico. Nel 2008, in Germania, nel sito della grotta di Fels (Hohle Fels), lo staff dell'archeologo Nicholas Conard ha ritrovato un flauto ottenuto da un osso di avvoltoio, datato 40 000 anni fa. Alcune testimonianze in questo senso possono essere dedotte da numerosi ritrovamenti sia in osso che in pietra, interpretati come strumenti musicali. Tali sono, ad esempio, gli zufoli magdaleniani di Roco de Mercamps o i litofoni neolitici scoperti nelle vicinanze di Dallato (Vietnam). In mancanza di testimonianze dirette o mediate, alcune ipotesi sulla forma assunta dalla musica primitiva può essere dedotta anche dall'osservazione di popoli il cui sviluppo è simile allo sviluppo delle attuali culture preistoriche, come, ad esempio, gli indios brasiliani, gli aborigeni australiani o alcune popolazioni africane. Si può presumere che le primissime forme di musica siano nate soprattutto dal ritmo: per esempio, per imitare, battendo le mani o i piedi, il cuore che batte, il ritmo cadenzato dei piedi in corsa o del galoppo; o magari alterando, per gioco e per noia, le fonazioni spontanee durante un lavoro faticoso e monotono, come, per esempio, il pestare il grano raccolto per farne farina o il chinarsi per raccogliere piante e semi. Per questi motivi, nonché per la relativa facilità di costruzione, è molto probabile che i primi strumenti musicali siano stati strumenti a percussione, e presumibilmente qualche variante del tamburo. Tra gli strumenti più antichi ritrovati troviamo infatti il tamburo a fessura, un cilindro cavo, provvisto di una fessura longitudinale lungo la superficie esterna, suonato percuotendolo con le bacchette sulla fessura stessa. Le versioni più antiche e primitive ritrovate consistono in un tronco cavo, privo di fessura ma appoggiato trasversalmente sopra una buca nel terreno, che probabilmente veniva suonato percuotendolo con i piedi.

La diffusione del cristianesimo, e quindi del canto cristiano, ebbe un ruolo decisivo nella storia della musica occidentale. La musica corale ha origine dal canto cristiano dei primi secoli. Nelle sacre scritture si legge che il canto fosse una pratica comune anche nei riti della religione ebraica: lo stesso Cristo, insieme ai suoi discepoli viene ritratto come un cantore: «E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.» (Marco, 14, 22-26) Si può fare un parallelo tra la funzione della musica nei riti delle prime comunità cristiane e la funzione dell'arte decorativa, sintetica e stilizzata, degli inizi della vita ufficiale del cristianesimo dopo il 313 d.C. In entrambi i casi gli argomenti di fede sono l'argomento di espressioni artistiche non verbali che potevano essere facilmente ricordate anche da una congregazione non letterata e di umili origini. Questo modo di cantare le idee continuerà nei secoli a contribuire alla partecipazione del fedele all'azione sacra, anche dopo che la lingua latina aveva da tempo cessato di essere comprensibile. Col tempo alla funzione ieratica, associata al salmodiare del celebrante, didascalica e partecipativa della musica, si aggiunse anche una funzione decorativa tesa a solennizzare gli eventi religiosi attraverso le caratteristiche e il volume sonoro, al quale è possibile ascrivere parte del successo di uno strumento quale l'organo, la cui sonorità profonda induce nell'ascoltatore una sensazione di presagio.

La riforma gregoriana non impedì che, nel corso degli anni, le melodie monodiche di base fossero arricchite tramite amplificazioni sia in senso orizzontale, aggiungendo ornamenti alla linea melodica, che in senso verticale, aggiungendo altre voci al canto del celebrante. L'amplificazione orizzontale prese la forma di interpolazione di testi e melismi nella melodia gregoriana, detti tropi, o di composizioni originali a partire da particolari momenti della liturgia, in genere l'Alleluja, dette sequenze. L'amplificazione verticale, che costituiva l'inizio della polifonia, dal greco: molte voci, prese dapprima la forma di un raddoppio o diafonia della voce monodica o vox principalis, con una seconda voce, detta vox organalis, ad andamento parallelo e a distanza fissa, in genere una quarta o una quinta, secondo un procedimento poi definito, ad organum parallelo. La vox organalis, o duplum, inizialmente posta al di sotto della vox principalis, sarebbe divenuta più acuta negli sviluppi che seguirono. Il trattato Musica Enchiriadis risalente alla metà del IX secolo, dà conto dell'organum parallelo e di alcune sue variazioni che contemplano eccezioni del moto parallelo delle voci. Il discostarsi dalla regola del moto parallelo delle voci, era destinato a produrre tecniche polifoniche più complesse: infatti, attorno al 1100 venne sviluppata la tecnica del discanto, dove alle voci, che conservavano sempre distanze considerate consonanti, cioè quarta, quinta, ottava e unisono, veniva consentito un movimento più libero, movimento che alternava un moto parallelo ad un moto contrario. Nello stesso periodo, emerge una tecnica detta eterofonia, probabilmente derivata dal canto popolare, che consentiva al duplum di eseguire melismi mentre la vox principalis intona, con valori di durata assai prolungati, la melodia originale. Questa pratica è documentata in alcuni codici italiani del XII e XIII secolo, ad esempio nel trattato dell'Organum Vaticano, e da documenti coevi provenienti dalla chiesa di San Marziale a Limoges nel sud della Francia. A questo stile sarà attribuito il nome di organum melismatico. Non furono queste le uniche alterazioni alla prescrizione monodica gregoriana: nello stesso periodo e nei luoghi dell'organum melismatico si trovano esempi dell'uso del bordone, ossia un'unica nota bassa che viene prolungata anche per tutta la composizione, composizioni multitestuali dette tropi simultanei in cui le voci cantano testi diversi, anticipando quello che più tardi sarà il mottetto e perfino accenni di composizione a tre voci. Bisogna infine ricordare che in Inghilterra nacque un tipo di polifonia molto diversa da quella del continente europeo, che ammetteva, enfatizzandoli, gli intervalli di terza e sesta, considerati dissonanti sul continente. Questa tendenza, espressa in composizioni a due o gymel e tre voci o falso bordone, avrebbe in seguito influenzato la musica fiamminga poi diffusosi in tutta l'Europa, diventando la base della musica occidentale che si basa sulle triadi e gli intervalli di terza.

In seguito all'invenzione delle primissime apparecchiature tecnologiche avvenute nel corso del Novecento, vennero fondati, a partire dalla seconda metà degli anni quaranta, i primi studi di registrazione dedicati alla musica elettronica. I musicisti che vi operavano erano tutti autori di composizioni d'avanguardia atonali e concettualmente legate alla musica contemporanea. Fra essi, i più importanti includono John Cage, Pierre Henry, e Karlheinz Stockhausen. A partire dagli anni sessanta, l'aumento della produzione di apparecchiature elettroniche, e la conseguente popolarizzazione, permise alle sonorità prodotte dalle nuove tecnologie di influire su un numero sempre crescente di stili di musica popolare, come avvenne con la musica dub ed il reggae. Fra essi vanno segnalati almeno il krautrock, stile sperimentale emerso in Germania lungo la prima metà degli anni settanta e comprendente fra i suoi esponenti gli influentissimi Kraftwerk, il synth pop, uno dei primi stili melodici suonati con tecnologie elettroniche, la musica house, e la techno.

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